MUON, band veneziana.
Gobi Domog, pubblicato quest'anno, Karma Conspirancy Records.
In mente una frase che parla dei fondali oscuri e fangosi della laguna.
Risveglio di malefiche entità marine dal loro lungo sonno. Immagini di funghi magici. Animali mutanti.
Intro: una vocetta infantile e stridula. Il primo pezzo inizia: incedere potente, riff lenti e cupi, angoscianti.
Improvvisamente un incubo di quando ero piccola.
La mia città di notte. Il buio. Il colore del cielo, delle calli, dei canali. Verde scurissimo, quasi nero. A tratti illuminato da lampi di luce gialla. I riflessi, forse la luna sull'acqua. Inseguita cerco di nascondermi. Un uomo senza volto con le orecchie da animale.
- Mammina, ho fatto un brutto sogno
- Non ti preoccupare piccola, adesso ci sono io con te
- Ma tu non sei mammina
- AHAHAHAHAHAH
Pochi secondi affidati ad una introduzione da cartoni animati, con tanto di dolce voce femminea. Ma l'illusione dura pochissimo... poi inizia il martirio, la Via Crucis, la strada per la sofferenza. "Never Born" ci accoglie con un suono di una pesantezza inimmaginabile; chitarre possedute, autrici di un suono sotterraneo, ribassato che mi rimanda da subito ai solenni esordi dei Cathedral. Stoner-Heavy-Doom di bestiale potenza. La voce per il momento è pulita, fin troppo per i miei gusti. Preferisco toni più mortiferi; ma andiamo avanti. il muro sonoro costruito dai ragazzi veneziani si apre a divagazioni oniriche, orientaleggianti con arpeggi acustici di indubbio fascino. Rientrano presto dalle parti del Sabba Nero con uno sproporzionato ed imponente muro sonoro che infonde dolore fisico nell'ascolto. Questi suoni così datati, già uditi centinaia di volte hanno sempre un potere devastante sul mio animo; mi vedo costretto ad alzare il volume del mio impianto stereo, per la non gioia dei vicini. Dieci minuti sono trascorsi e si cede il posto ad un altro brano, ad un altra fatica uditiva. Sono i dodici e più minuti di "The Second Great Flood" a darmi la certezza che questi lagunari ci sanno fare. Contorte trame dal vago ed oscuro sapore psichedelico; riff mantrici ripetuti fino allo sfinimento. Ecco allora comparire davanti a me, come termine di paragone, gli OM di Al Cisneros. La voce assume un cantato da tempio buddista, da monastero Himalayano: elegiaca, ripetuta, ossessiva. Un modus operandi che annienta e travolge; con basso e batteria che mirano ad incrementare quella sensazione di strangolamento, di asfissia che si ricava nell'ascolto. Del resto non a caso ho citato le vette himalayane dove vi è carenza di ossigeno. Basta, non riesco ad andare oltre e mancano ancora due brani, due oscure e malate canzoni...Ho bisogno di uscir di casa, di respirare, di trovare conforto all'aria aperta e frizzante di questa fine di Ottobre..."
PS: Grazie a Genital Grinder che ha interpretato la parte di mammina e ha scritto la recensione.
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