"Tiptoe in your room, a starlight in the gloom, I only dream of you, and you never knew"
Avrebbero potuto cavalcare l'onda di un disco epocale come "Origin Of Symmetry", avrebbero potuto adagiarsi sugli allori e vivere di rendita, e invece no, da veri grandi Artisti quali sono, i Muse non l'hanno fatto, e nell'anno 2003 hanno sfornato un disco strano, un disco che ha suscitato reazioni contrastanti, che ha diviso pubblico e critica. Questo disco si chiama "Absolution", ed è davvero qualcosa di particolare ed unico nella produzione della band di Teignmouth: se negli altri lavori della band ogni canzone è un contesto a parte, un affresco che può tranquillamente essere preso in esame separatamente dal contesto, qui no, tutte le dodici canzoni che compongono questo disco, che io vedo come una vera e propria opera rock, un concept album in cui un senso di angoscia e inquietudine esistenziale, espresso in varie forme e declinazioni, pervade tutte le composizioni, dalla prima all'ultima, composizioni che scorrono fluide, unite da un sottile ma percettibilissimo filo rosso.
Stilisticamente l'album è diviso in due categorie di canzoni: a performance di quello che io definisco hard rock del nuovo millennio, o hard rock elettronico, o più semplicemente Muse-hard rock si alternano pezzi più melodici e tormentati, il tutto in un'alternarsi simmetrico e perfetto come un mandala tibetano.
Nella prima categoria possiamo annoverare l'enigmatica opener "Apocalypse Please", in cui è assai evidente il riferimento alla guerra in Iraq, caratterizzata da un pianoforte molto percussivo e da un cantato ipnotico e potente, con le tastiere che fanno da vero e proprio stantuffo per una canzone che vola alta sulle ali dell'inquietudine. Straordinario il singolo "Time Is Running Out", che riesce a conciliare una forte orecchiabilità pop con un crescendo epico chitarristico, con il sapiente uso di sintetizzatori, pianoforte e battimani nelle strofe (classico tocco di genialità à la Muse). L'hard rock elettronico si manifesta nelle sue forme più esplicite nelle impetuose "Stockholm Syndrome" e "Hysteria", in cui chitarre, tastiere e un basso usato come sempre in modo magistrale creano un mix esplosivo tutto da gustare, che ha oltretutto ispirato i grandissimi Dream Theater per la loro "Never Enough". Davvero bella anche "The Small Print", orecchiabilissima e trascinante con un ritornello squisitamente over the top e un riff da manuale, anche sa l'apice indiscusso del versante più rock di "Absolution" è sicuramente "Thoughts Of A Dying Atheist", capolavoro assoluto, commovente nel suo contrasto tra il testo e la melodia, così catchy e apparentemente ingenua. Penso proprio che sarà la canzone che farò suonare al mio funerale...
E poi, come ho già detto, "Absolution" ha anche un'anima ancor più introspettiva e dolcemente tormentata, che si manifesta nelle rimanenti sei canzoni: "Sing For Absolution", così notturna e affascinante, specialmente accompagnata dal meraviglioso video (l'ennesimo di una lunghissima serie), coronata da un pianoforte stellare, un testo assolutamente poetico e un ritornello catartico che sfocia nell'epico finale. Dolcissima, anzi, stupendamente agrodolce "Falling Away With You", sognante ed estatica nelle strofe, a cui si alterna il ritornello teso e drammatico; anche se la conclusione riprende il tema iniziale è adombrata nel testo da un velo di disillusione, disillusione che ritorna anche in "Blackout", fortemente caratterizzata da arrangiamenti orchestrali e cori di sottofondo davvero soavi, dall'andamento ondeggiante, in cui è dolcissimo naufragare, con tanto di accendini sotto il palco. Il lato più prog dei Muse si manifesta invece in "Butterflies & Hurricanes", che inizia lieve, riverberata, per poi acquisire grande pathos e forza e sfociare in virtuosismi sinfonici e pianistici di valore assoluto, degni di una sinfonia di Beethoven. Se in "Butterflies & Hurricanes" i Nostri ci mostrano la loro sontuosità, con "Endlessly" riscoprono invece il loro lato più minimal, in una canzone passionalmente sommessa, caratterizzata da arrangiamenti scarni che valorizzano la grandissima prestazione vocale di Matt Bellamy. Se proprio vogliamo andare a scovare il pelo nell'uovo, l'unico punto debole dell'album è la conclusiva "Ruled By Secrecy", un po' troppo lenta e soporifera nel tentativo di recuperare l'atmosfera di "Megalomania" senza averne il fascino, ma questo non cambia assolutamente niente, non sposta di una virgola il mio giudizio su questo capolavoro che va davvero ascoltato col cuore, una miniera di emozioni praticamente inesauribile.
LISTEN TO MUSE.
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