Fin da quando, verso i 14-15 anni mi innamorai di Nirvana a Alice In Chains, ho sempre cercato di dare una mia personalissima interpretazione della parola grunge. Dopo svariate, contorte elucubrazioni sono finalmente arrivato alla conclusione che il grunge è qualcosa di incorporeo e indefinito, qualcosa che riguarda non tanto il sound di una canzone o di un disco quanto un preciso approccio emozionale e nella scrittura dei testi: in poche parole il grunge è un'equazione che non torna, un'ombra, un determinato malessere che viene espresso in musica in una forma che può essere più o meno rock, poetica o aggressiva a seconda delle interpretazioni dell'autore stesso. Seguando questo ragionamento sono arrivato alla conclusione che album come "Awake" dei Dream Theater o "Demolition" dei Judas Priest, tanto per citare due esempi molto diversi tra loro come sound e approccio, sono album grunge fino al midollo. Così come "2 A.M." degli Iron Maiden è una bellissima canzone grunge

Uno dei più fulgidi esempi di grunge poetico e intospettivo è "Showbiz", disco del 1999 che segna l'esordio dei Muse (ex Rocket Baby Dolls), e ce li presenta in una veste abbastanza diversa da come siamo abituati a conoscerli da "Origin Of Symmetry" in poi. Si tratta di un album in cui il pianoforte prevale decisamente sulle tastiere e in cui la vena hard rock che dal 2001 in poi esploderà in tutta la sua magnificenza qui è espressa in forma più distorta e seminale. Ad aumentare la bellezza e il valore intrinseco di "Showbiz" sono ovviamente la stupenda voce e le melodie, quasi sempre perfette concepite dall'indiscussa mente del progetto Muse, ovvero il cantante, songwriter, chitarrista e pianista/tastierista Matthew Bellamy, spalleggiato alla grande da un bassista formidabile come Chris Wolstenhome e da un ottimo batterista come Dominic Howard.

SUNBURN: intro di piano su cui si fa subito strada la voce magnetica di Bellamy, che recita alla perfezione un testo che mette in chiaro fin da subito la sua capacità di scrittura già mature per un artista esordiente. In brano ha un piglio riflessivo e malinconico e le chitarre spiccano il volo ma non esplodono come, ad esempio, in "New Born".

MUSCLE MUSEUM: dunque, cosa posso dire di questa canzone? Sicuramente che è uno dei capolavori assoluti del rock contemporaneo: potente, profonda, incalzante, psichedelica e catartica. Impossibile non perdersi in queste mesmerizzanti linee melodiche e non lasciarsi sedurre dell'assolo stridente e dal ritornello appassionato e disperato. Come se tutto ciò non bastasse per questa canzone è stato girato un videoclip a dir poco superbo, uno dei capolavori del connubio musica-immagine, insieme a "Heart-Shaped Box" dei Nirvana e "Galaxie" dei Blind Melon.

FILLIP: titolo traducibile con imperto, oppure stimolo: non per niente questa canzone è una delle più movimentate del disco: originalissimo il riff rimbalzante così come il cantato di Bellamy quasi giocoso e bambinesco inizialmente, che cresce di intensità con il trasporto che solo un voce straordinaria come la sua sa dare. Verso la metà del brano il ritmo si calma e subentra il pianoforte. Il cantato bellamyiano diventa un falsetto psichedelico, poi riprendono chitarre e basso e il brano si chiude in bellezza così come era iniziato.

FALLING DOWN: il titolo più adatto per questa canzone sarebbe stato "Feeling High": semplicemente onirica e difficilmente descrivibile per le sensazioni che crea, di totale pace e quiete. Anche il cantato è stellare e trasognato, da far invidia a una cantante lirica sostenuto da arrangiamenti molto vellutati e discreti evocativo di paradisi, forse artificiali, come il paesaggio nettuniano raffigurato nella copertina.

CAVE: chitarre hard rock e basso pulsante per il secondo singolo dell'album, che vede il tanto a me caro accostamento del pianoforte con sonorità dure. Il ritornello urlato conferisce alla canzone una grinta particolare. Nel complesso il risultato è ben riuscito, anche se inferiore a quasi tutte le altre canzoni del disco.

SHOWBIZ: il brano più oscuro e angosciante di tutta la carriera dei Muse: una cavalcata che parte quasi sommessamente a acquista gradualmente una potenza e un impeto quasi ipnotici in un crescendo epico e drammatico, grazie alla duttilissima voce di Bellamy, che qui raggiunge degli acuti da pelle d'oca, sostenuto da un Wolstenhome formidabile e dalla sua sei corde in perenne distorsione. Assolutamente irripetibile e incantabile da chiunque non si chiami Matthew Bellamy.

UNINTENDED: dopo la tempesta della titletrack l'atmosfera si calma e subentra questa stupenda e dolcissima ballata in cui si torna a volare alti come in "Falling Down". L'atmosfere è assicurata da una chitarra acustica spagnoleggiante e Bellamy sfoggia un falsetto quasi angelico. Da pelle d'oca.

UNO: primo singolo della carriera dei Muse anticipato da una melodia ipnotica in crescendo, con il solito Wolstenhome in grandissima evidenza, poi subentra il cantato quasi svogliato di Bellamy, che esplode e diventa disperato e abrasivo del ritornello. Davvero notevole lo sfoggio di creatività nel fondere così bene tante sonorità diverse in una canzone di appena tre minuti e mezzo. Stupendo anche in questo caso il videoclip.

SOBER: a dispetto del titolo questa è senza dubbio la canzone più ubriaca dell'album: chitarre non particolarmente incisive, interessantissimo invece il giro di basso che accompagna il ritornello, cantato però in un modo un po' troppo isterico e sopra le righe. Nel complesso un mezzo riempitivo.

ESCAPE: Molto bello l'incipit da ballata, poi esplodono le chitarre ma la canzone mantiene un tono molto passionale e accorato, di grande personalità e impatto emotivo, grazie ovviamente all'interpretazione magnifica di Bellamy.

OVERDUE: se non l'avessero inserità l'album ne avrebbe solo guadagnato in qualità: dura solo due minuti e mezzo ma risulta campata per aria e troppo ululata per i miei gusti. Riempitivo

HATE THIS & I'LL LOVE YOU: una ballata dagli arrangiamenti quasi fiabeschi e molto soffusi, non raggiunge l'intensità di "Falling Down" e "Unintended", ma è nel complesso molto rilassante ed è ottima come brano di chiusura di questo album.

"Showbiz" è sicuramente un disco che consiglierei a tutti, testi e atmosfere meravigliose, forse non avrà l'impatto e la virulenza di "Origin Of Symmetry" o "Absolution", ma è capace di sedurre e offire un rock originalissimo che non ha assolutamente eguali nel desolate panorama rock mainstream attuale

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