Venerdì 22 luglio 2016, il grande giorno è arrivato. La lunga attesa è finita: apre i battenti la quattordicesima edizione di «Muso – Live Music & Comics».
Se Barcellona ha il «Primavera Sound» e Benicàssim il «Rototom Sunsplash», Oriolo ha il «Muso».
Nato nel 2002 sulle ceneri dei gloriosi antenati «Sagra Del Cinghiale» di Castel Giuliano e «Rock Castle» di Bracciano, il «Muso» ha ospitato nel corso degli anni le giovani e promettenti leve della scena rock indigena unitamente ad artisti di fama nazionale, come Gang, Banda Bassotti, Statuto, Radici Nel Cemento, Il Muro Del Canto e Bud Spencer Blues Explosion.
Una formula vincente non si cambia, per cui anche la tre giorni 2016 vede alternarsi sul palco bande locali, emergenti nazionali ed affermate.
Il primo giorno è dedicato ai gruppi locali: I Dei Degli Olimpo da Bracciano, Villa Mura da Oriolo e Toot da Roma.
Posso mancare io? Assolutamente no! Posso esimermi dal raccontarvi per filo e per segno questa straordinaria tre giorni di musica, pace e amore? Ci mancherebbe!
Per cui si parte per il tour de force.
Che nel mio caso è iniziato i primi di luglio, quando ho ripescato dagli archivi The Fonz (la mia agendina più preziosa) ed ho iniziato le ricerche per dare appuntamento alle immancabili tre morose per le tre serate: sono occorsi molto più tempo e fatica del previsto, segno che il mio fascino da tombeur de femmes ha inesorabilmente imboccato la china declinante, ma alla fine ce l'ho fatta.
Quindi, la prima serata.
Il venerdì inizia nel migliore dei modi.
La mattina al lavoro la prima cosa che faccio è aprire la cassetta della posta elettronica e ci trovo recapitata una missiva dei vecchi amici Gang: mi ringraziano ancora per aver contribuito a produrre il loro nuovo album e mi informano che la t-shirt offerta in dono è ora disponibile anche nella taglia XXL. Evvai, avevo ordinato la XL e subito provvedo a modificare la richiesta: voglio la XXL per potermi liberamente e senza rimorsi ingozzare durante l'estate ed al Muso in primis. Perché, non l'ho scritto prima ma lo scrivo ora, al Muso non solo si ascolta musica ma si mangia e si beve pure, e bene: la musica è aggratis, le libagioni no, ma serve a finanziare la causa e così anche nel 2017 ci sarà la tre giorni musona ed io sarò di nuovo qui a raccontarvela.
Attacco a lavorare ma le ore passano veloci ed alle 19.00 mi fiondo fuori, balzo nella mia Ford Cortina, passo a fare benzina sennò non procede, arrivo a casa trafelato ed inizio i preparativi.
L'inizio dei concerti è fissato alle 21.30 ma io sono apprensivo ed esco un'ora prima per passare a prendere la prima morosa della prima serata, che per fortuna non si fa attendere troppo prima di saltare su in macchina e via sfrecciamo verso Oriolo; che sarebbe Oriolo Romano per la precisione ma la provincia è quella di Viterbo, per cui volete mettere la trasgressione di dire che, sì, sono andato a vedere un festival rock in un'altra provincia, anche se poi il sentiero che porta da Bracciano ad Oriolo è di nemmeno 20 chilometri? E son soddisfazioni impagabili, e questo è il motivo per cui non mi sono perso nemmeno un'edizione del Muso.
Trovare parcheggio ad Oriolo è un'impresa, e mi tocca posteggiare a duecento metri dal luogo dell'evento e farmela a piedi: la prima morosa è più agile e scattante e sulla salitina potrebbe agevolmente staccarmi, ma è personcina ammodo e resta al mio fianco, ed io sono già innamorato.
Ore 20.58: varchiamo i cancelli.
Una meraviglia: ci accoglie un odorino di salsicce, bisteccone, arrosti misti e rosmarino che quasi svengo e, quindi, la prima tappa obbligata è al ristorantino approntato per l'occasione. Io mi prenoto per lo strafogo – tanto chi se ne frega, ho ordinato la XXL – la prima morosa dice che è venuta già cenata ed io tra me e me gongolo per i soldini risparmiati, ma faccio il gran signore e la induco a prendere almeno birra e salsicce, offro io, e se proprio non ce la fa a finirsele, non c'è problema, ci penso io, ché tanto ho ordinato la taglia XXL.
In venti minuti spazzoliamo via tutto quel ben di Dio, a me mi assale un micidiale colpo di sonno postprandiale, la prima morosa invece è bella pimpante e con una pinta abbondante di birra in corpo, quando I Dei Degli Olimpo salgono sul palco per una veloce prova, suonano «Johnny B. Goode» ed io mi dico, bene, stasera rock'n'roll; ci alziamo dalla tavolata e ci appropinquiamo sotto al palco pronti ad innescare un pogo infernale.
Ore 21.45: via alle danze con I Dei Degli Olimpo, Bracciano City Rockers! Si descrivono «... amanti della bella musica e della rivoluzione degli animi oppressi da una società fondata sul commercialismo dell'arte. Noi ci opponiamo a questo, con la irruenta cavalcata del rock'n'roll ...». A me già mi stanno un pochetto antipatici per la critica al commercialismo, ma sono di buon animo, la prima morosa è al mio fianco e decido di concedergli una possibilità.
Attaccano con l'innodica «Società», seguita dal manifesto «Ma Siamo In Italia», chiare ed eloquenti prese di posizione critiche nei confronti della realtà alienata ed alienante in cui ci hanno costretti a convivere, il che susciterebbe l'approvazione entusiasta ed unanime del CominDeb al gran completo; per poi approfondire la disamina del rapporto di coppia in «Taci Miserabile» ed in «Hey Don't Forget Me», che non è affatto male, questa volta sul serio. Suonano un paio di altri brani di cui non capisco né titolo né acca, prima del terrificante finale; e qui mi mantengo ancora serio, perché no, non si può prendere «Halleluja» di Leonard Cohen e, dopo un avvio solo tastiera fedele al modello Buckley, maltrattarla in un delirante crescendo quasi metallaro con assoli e svisate chitarrose che nemmeno Ingui Malmstin nei suoi più alti momenti di onanismo musicale, così non si fa. A me già mi prende un dolore indicibile quando vedo tutti questi fenomeni da talent che si avventano su «Halleluja» ed altri classici imperituri peggio del conte Ugolino, dolore che diventa parossistico se gli autori dello scempio me li trovo ad un tiro di schioppo: ma cosa vi ha fatto di male Cohen, cosa vi ha fatto Buckley? Quando I Dei portano a termine il macello e scendono dall'Olimpo e me li vedo passare a fianco, la tentazione di fargli una cianchetta per assisterli frantumare sull'asfalto è irresistibile, ma resisto con sforzo sovrumano, prendo sottobraccio la prima morosa e ce ne andiamo al baretto per un bicchiere d'acqua gassata, io che devo guidare al ritorno, ed una seconda pinta di peroncino lei. Il prosieguo della serata promette bene.
Nemmeno il tempo di scambiare un'a né un ba, che ecco sul palco i Villa Mura, che «... ancora prima di essere un progetto musicale rappresenta un gruppo di amici nati e cresciuti insieme con una grande passione per la musica! ...». Sono di Oriolo, giocano in casa: la piazza si riempie ed il pubblico, tiepidino con i forestieri Dei, comincia a scaldarsi.
Di loro, so niente a parte che hanno una pagina feisbuc e che su iutiub c'è il video del brano «Un Tazzone A Golò», poi il resto sono tutti annunci di agenzie immobiliari e non c'entrano molto con il discorso. In realtà, quel video è un po' fuorviante. I ragazzi suonano un caldo e rilassato reggae in romanesco, una sorta di Africa Unite alla carbonara, e sono molto piacevoli: ci si muove a tempo con la prima morosa, non è pogo manco per niente ma chi se ne frega. Il ritmo è sempre quello, non sale e non scende per tutto il concerto quanto è lungo, dettato da chitarra e basso e sottolineato a dovere da tromba e sassofono: piacevoli, l'ho già scritto ma lo ribadisco. Non chiedetemi i titoli dei brani perché chi se li ricorda è bravo – mi pare giusto «Ar Mare», «L'Otto Marzo» e «L'Erba Degli Antichi» così a naso – ma mi restano impressi nella memoria due ritornelli, o due perle di saggezza che al ritorno a casa ho cura di immortalare in un ascolto debaseriano, e fanno all'incirca così: ce vo poco p'esse sereni e tranquilli senz'avecce nella capoccia li grilli, il primo; quant'è bella Zanzibà se magna se beve se dorme e l'amore se fa, il secondo. Ecco, mi sa che un'altra canzone si intitoli proprio «Zanzibar».
I Villa Mura tirano avanti fino a quasi mezzanotte, a me sono spuntati come per magilla lunghi dreadlocks, e con la prima morosa telepaticamente pensiamo a quanto ci starebbe bene un bel cannone, adesso, sulle spiagge giamaicane; poi mi sovviene «Safe European Home», che è praticamente sabato, che mi devo rialzare dal letto prestino, per cui chi se ne frega del terzo ed ultimo gruppo – i romani Toot, che se vi interessa, su iutiub si trovano tre o quattro loro video.
Riprendo sottobraccio la prima morosa e rifacciamo placidamente la strada verso la Ford Cortina; altri venti chilometri all'indietro e risiamo nell'accogliente provincia romana; lei la lascio a casa sua; io ritorno a casa mia; ascolto «Something I Learned Today» e ci infilo le due perle di saggezza apprese qualche minuto prima per non dimenticarle e sprofondo nel letto.
Stamattina: sveglia presto, in giro a fare spesa e coda alla posta, pranzo e due righe, per raccontare la prima serata del Muso 2016.
Mi ha anche telefonato la seconda morosa che stasera non può venire più, mandandomi nel pallone più totale, e per fortuna che ha pure cominciato a piovere, così magari ho la scusa per non andare nemmeno io.
Carico i commenti... con calma