Correva l'anno 1988, la New Wave rantolava prossima alla fine, un gruppo di nome Jesus and Mary Chain aveva già riportato le chitarre al centro del rock con uno stile non meglio definibile se non (meravigliosa) coltre di rumore e feedback su canzone pop, e in Irlanda un gruppetto di nome My Bloody Valentine, dopo esordi simil-Smiths (ma già più distorti), si evolveva ad affrontare il brano musicale con un piglio meno Dark e più evocativamente folle e psichedelico.

Che i My Bloody Valentine siano musicalmente figli dei suddetti Jesus and Mary Chain è indiscutibile, ma decisamente vanno oltre: la differenza sostanziale è che se i Jesus and Mary Chain sommergono di rumore una canzone che nasce comunque lineare e semplice, al contrario i My Bloody Valentine fanno scaturire dal rumore stesso il brano; cosi accade in "No More Sorry" e "All I Need", arrangiamento incomprensibile se non dopo molti ascolti, rumore in primo piano, ritmiche lontane, chitarre filtrate, e una voce che esce sottile e timida a formare un brano etereo e non ben afferrabile; una percezione incompleta e diffusa, che rende il pezzo fascinoso e inesauribile all'ascolto; anche brani più veloci e punk come "Sueisfine", "Feed Me With Your Kiss" e "Nothing Much To Lose" o più narcolettici come "Several Girls Galore" e "I Can See It (But I Can't Feel It)" non mancano di questo effetto di sospensione, di "nuoto nell'aria".
Cosí come non meno sorprendenti sono i tre pezzi che aprono il disco, apparentemente più regolari e semplici: "Soft As Snow (But Warm Inside)", nevrotica e altalenante, "Cupid Love", forse il pezzo più melodico dell'album, e la splendida decadente ballad "Lose My Breath", non sono che un'altra faccia di questo bellissimo "viaggio" psichedelico dell'era post-moderna; ambiguo, nichilista, rumoroso, decadente, eppure fra i più fascinosi che si ricordino negli ultimi 20 anni.

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