Anni 90'. Micro esplosione/implosione SHOEGAZE. Visione metafisica della musica.
- Se pensate che un disco debba essere immediato, conciso e orecchiabile...
- Se non amate la musica sperimentale ed enigmatica...
- Se volete un disco potente senza troppi orpelli inutili....
....allora non giudicate questo raro gioiello unico al mondo. Potreste inimicarvi una schiera di persone che lo stimano e lo adorano come un dio (tra i quali il sottoscritto).
Era il lontano (quasi 16 anni fa) 1991, quando Madre Musica partorì dalle sue gambe nella verde Irlanda un nuovo figlio: LOVELESS. Ad assistere il parto, c'erano i My bloody Valentine, un gruppo di 2 ragazze e 2 ragazzi che in quel periodo avevano brevettato una nuova formula musicale: lo SHOEGAZE.
A differenza di altri gruppi, i My bloody Valentine non furono mai osannati come dei, anche se misero alla luce uno dei più belli e innovativi dischi di tutti i tempi. Cancellando il background musicale del loro territorio (folk-rock), il gruppo concepisce un nuovo modo di fare musica, incrociando effetti chitarristici da Wall-of-sound con voci dolci e docili che impercettibili aleggiano nel liquido amniotico delle canzoni.
Nominati dalla critica "Shoegaze" per la loro continua abitudine di fissare le "scarpe" (in realtà guardavano i pedali degli effetti per chitarra, che essendo molteplici, necessitavano di debita attenzione nei cambi all'interno delle canzoni) i MBV abbandonarono i loro compagni Ride,Spacemen 3, Slowdive (più vicini al Dream Pop che al puro Shoegaze), incidendo con meticolosa precisione (anche se a primo ascolto non sembrerebbe) il loro disco migliore e anche quello del loro addio alla scena: Loveless.
Le canzoni dell'album spiazzano l'ascoltatore per il loro anti-conformismo timido, pacato e lo rendono quasi estasiato da quel suono ossessivo, ripetitivo, scarno ed atono e nel contempo profondo e mistico, insinuando nella mente dell'ascoltatore attento, immagini e figure emerse dall'inconscio. In un certo senso le canzoni dei MBV possono esser considerate "Surrealiste" perchè come i grandi pittori dell'epoca (Mirò, Dali, Ernst) hanno saputo affrescare sulle loro tele, con figure emerse dalla loro "scrittura automatica", lo stesso i MBV sono riusciti a incidere immagini trasposte e metafisiche su un disco musicale.
Non esistono canzoni migliori o peggiori su questo album. Tutte concorrono ad imprimere un sentimento preciso nella nostra mente, senza un filo logico ma con un fine unico: astrarre l'ascoltatore dal contesto in cui si trova.
Se riuscite a trovare questo disco, ormai solo ordinabile all'estero (per trovarne una copia ho atteso mesi e mesi di ricerche), incorniciatelo, ascoltatelo all'infinito e promuovetene l'ascolto. Non tutti hanno avuto la possibilità di ascoltare musica cotanto raffinata e brutale al contempo.
"Tip toe down, to the lonliest places"
Curiosità:
I testi delle loro canzoni, sono incomprensibili ed enigmatici. Sul sito ufficiale del gruppo si trovano persino trascritti, ma molti risultano incompleti in quanto nessuno è ancora riuscito a decodificare e interpretare quello che viene cantato nelle loro canzoni.
La canzone "Sometimes" è stata inserita nella colonna sonora di "Lost In Translation" insieme ad altre canzoni composte da Kevin Shields, cantante e chitarrista dei MBV e insieme a canzoni di altri grandi gruppi come Jesus and Mary Chain, Roxy Music, Phoenix eccetera.
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