Subito vanno riportati due parametri qualitativi oggettivi legati a questo album:
1) ha ricevuto il premio come miglior album del 2004 al Meeting delle Etichette Indipendenti di Faenza
2) è prodotto da John Parish (collaboratore di Pj Harvey, Eels...) con la collaborazione eccellente di Cesare Basile e Howe Gelb.

Detto questo, non riesce più difficile credere che questo disco sia un capolavoro. E lo è sul serio.
Nada approda a questo traguardo dopo un'esperienza più che trentennale, imbevuta di facili successi, periodi di crisi e di rifiuto da parte delle case discografiche, di scelte coraggiose, ma mai discutibili (soprattutto nell'ultimo decennio).
Il tutto è condensato e concentrato in queste 11 tracce (+ ghost track che merita una menzione particolare) dense di rabbia che trova le sue vie di fuga nei testi e nella musica. Ad uscire dalle due canzoni che aprono è un flusso continuo, impetuoso, un fiume in piena di sentimento che travolge tutto, che percuote le ossa fino a farle "sbriciolare". Questi frammenti, queste rovine Nada le raccoglie in Proprio Tu, una canzone-bilancio, sommessa e indurita da un rapporto annoso che la cantante ha forse intrattenuto con una persona a lei cara. C'è poi E Ti Aspettavo, col suo incedere singhiozzante che scandisce il racconto di una Nada romantica e disillusa allo stesso tempo ("voglio solo lasciare, voglio solo volare"), seguita da una "estiva" e quasi frivola Senza Un Perché.
L'album sfuma nel finale in atmosfere dimesse, tristi e rassegnate, segnate da ambientazioni mai messe a fuoco (Quello Che Ho), con i notevoli 7 minuti della title-track che sancisce con un grido di angoscia il distacco di Nada da ogni possibile legame con la persona amata, ("tu non sai niente di me, tu non sai mai niente").
Dopo la chiusa di Classico (Howe Gelb), a dire il vero non proprio convincente, quei minuti di silenzio prima della ghost track sembrano minuti di meditazione, prima di lanciarsi in un ultimo disperato tentativo di concretizzazione del suo amore disperato e controverso verso la madre. Quest'ultimo pezzo è davvero uno dei momenti più alti della storia della musica italiana, per l'interpretazione (vista anche dal vivo è terribile) e per i contenuti

Quello che resta dopo l'ascolto di questo disco è, come suggerisce la copertina dell'album, la sensazione che il cuore di questa cantante si sia rappreso per sempre nella pietra, per effetto di tutte le delusioni che l'hanno percorso.
Ma questo cuore è ancora in grado di dire "ti amo" nel suo nucleo più profondo (nella ghost track). E allora quella pietra la si può vedere solo come un guscio che permette un'esistenza più serena al suo interno

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