"Vittra" è il folgorante esordio degli svedesi Naglfar. E se oggi i Naglfar ci appaiono come una delle tante band che, senza infamia né lode, popolano l'inflazionato mondo del Black Metal, vi posso garantire che una volta non era così: "Vittra" non è lontanamente paragonabile, per intensità ed ispirazione, ai lavori successivi, e rinunciare a questo gioiellino, ahimé oggi dimenticato, sarebbe un vero peccato veniale. E mi rivolgo soprattutto a chi i Naglfar li conosce incidentalmente e non ne è rimasto impressionato: cretedemi, "Vittra" è un lavoro superlativo da tutti i punti di vista: a livello di songwriting, a livello di esecuzione, a livello di atmosfere. E, a dodici anni dalla sua uscita, ci appare fresco e coinvolgente come ad allora.
Siano infatti alla fine del 1995, e sulla scia dei connazionali Dissection, i Nostri sono in grado di confezionare un Black Metal dalle forti tinte epiche, non disdegnando affatto la melodia ed accentuando le influenze del metal classico. E se un'affermazione di questo tipo può legittimamente lasciar perplesso l'appassionato del Black più duro e puro, posso assicurare che in "Vittra" convivono miracolosamente epic metal e autentico spirito Black Metal.
Anzitutto la convincente prova vocale di Jens Ridén, a mio parere uno dei migliori cantanti della scena: uno screaming ispirato ed agguerrito il suo, che senza concedere alcunchè alla melodia, è in grado di interpretare i vari umori che pervadono l'opera, una sorta di passeggiata notturna nei boschi che finisce per assumere i crismi di un vero e proprio rito di iniziazione. Il bosco come luogo di incontri provvidenziali, come dimensione pregna di insidie e terrore, ma anche come passaggio verso una maggiore consapevolezza. "Niente di nuovo sotto la luna", direte voi; "ricordiamoci", vi rispondo io, "che siamo ancora in anni in cui foreste, lupi mannari e lune piene non erano ancora così in voga".
E al di là delle liriche, che vanno a tratteggiare un concept comunque avvincente, è la musica a convincere: i suoni puliti di Peter Tagtren, qui in una delle sue migliori prove come produttore, rendono pienamente giustizia all'ispirato lavoro dei chitarristi Andreas Nillson, autore di tutte le musiche, e Morgan Hansson, divisi fra scoppiettanti cavalcate e coinvolgenti linee melodiche. Chitarre zanzarose si prestano a tratteggiare passaggi maideniani, e a dare un tocco di ruvidità al tutto ci pensa il basso distorto di Kristoffer Olivius, anche cantante, che va di tanto in tanto ad accompagnare gli stridenti acuti di Ridén con profondi growl.
L'irruente attacco dell'opener "As the Twilight Gave Birth to the Light" è quindi un falso allarme, dato che il resto dell'album si assesterà su tempi medi ed incalzanti (buona la prova del session Matte Homgren dietro alle pelli), in realtà più consoni ad un album di Power Metal che di Black.
L'ascolto procede all'insegna della scorrevolezza, scivolando sul talento melodico di Nillson e trainato dalla esuberante performance di Ridén. Un sound dinamico e personale in cui gli spunti vincenti di sprecano: come non citare il pregevole assolo di "Enslave the Astral Fortress", l'incipit (che sembra saccheggiato da "Skydancer" dei Dark Tranquillity) di "Through the Midnight Spheres", le maestose tastiere di "The Eclipse of Infernal Storms", la coinvolgente cavalcata finale di "Emerging from her Weepings", il romantico (quasi filthiano) sfumare di pianoforte in "Failing Wings", i delicati arpeggi notturni della title-track, preludio alle conclusive "Sinless Dawn" ed "Exalted above Thrones", l'episodio che più di tutti ci regala brividi autenticamente Black Metal.
L'estrema accessibilità dei suoni e delle melodie rendono in definitiva "Vittra" un piatto appetibile anche per chi non è proprio un appassionato del genere. Le 5 stelle, credetemi, ci stanno tutte. Anche se non si inventa niente. Anche se non si fanno cose fuori dal mondo. Solo per la capacità di dare emozioni e per la professionalità con cui viene coronato l'intento. Provare per credere!
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