Se non ricordo male fu Tolstoj a scrivere che mentre le famiglie felici si assomigliano tutte, quelle infelici lo sono in modo differente fra di loro. Più o meno questa è la frase che mi è venuta in mente vedendo l'ultimo film di Nanni Moretti dal titolo "Tre piani". Presentato all'ultimo festival di Cannes, non ha ricevuto alcun premio e non sono mancate polemiche al riguardo, in considerazione dei riconoscimenti verso altre pellicole.
Senza entrare nel merito (non è ancora stata distribuita "Titane" insignita della Palma d'oro) resta il fatto che l'ultima opera di Moretti prosegue coerentemente un discorso critico del regista nei riguardi di certa mentalità borghese (o piccolo borghese ) prevalente nella società moderna. Semmai l'unica novità è costituita dal fatto di trarre spunto dal romanzo "Tre piani" di Eshkol Nevo, autore israeliano. A variare è giusto l'ambientazione : non più un palazzo in un quartiere residenziale di Tel Aviv, bensì un elegante edificio a tre piani situato nel quartiere Prati a Roma . Per il resto i nuclei familiari ivi residenti sono altrettanto medio borghesi ed accomunati da vari guai esistenziali che li rendono comunque infelici, pur non dandolo a vedere in pubblico.
Infatti a vederli immersi nelle quotidiane beghe non si vorrebbe proprio stare al loro posto. C'è la coppia di affermati magistrati che hanno di che penare a seguire un figlio ormai maggiorenne ma in perenne dissidio con i genitori e che, per sventatezza alla guida dell'auto, investirà ed uccidera' una donna con conseguenti guai giudiziari e allontanamento da casa . Un'altra coppia, invece, affidando ogni tanto la figlioletta ad un vicino di casa un po' svitato e sospettato di latente pedofilia, andrà incontro ad incredibili noie giudiziarie . E, giusto per completare il quadro desolante, c'è una giovane donna sposata neo madre e un po' instabile psichicamente il cui marito, per ragioni di lavoro, è a volte lontano dal domicilio.
Tutte queste vicende compongono un quadro di alienazione moderna, di freddezza nei rapporti interpersonali e il finale del film che si delinea non è comunque consolatorio. Anche se si guarda al di là del proprio appartamento e si scende per strada, non è detto che si trovi solo un incredibile gruppo di persone impegnate in una gara di tango. Può anche capitare di assistere all'assalto, da parte di facinorosi xenofobi, verso un ostello di assistenza a profughi stranieri con tanto di lancio di pietre e bombe molotov a stento contenuto da agenti in tenuta anti sommossa.
Insomma, quello che ci manda a dire Moretti in quest'ultima opera è che viviamo in una fase storica difficile e travagliata. Ed è risibile pensare che, chiudendosi a chiave nel proprio appartamento, tutto si risolva secondo il detto "casa, dolce casa" . Questa illusione borghese non fa i conti con le tensioni sociali esterne che, cacciate dalla porta, rientrano dalla finestra.. Bisogna quindi lasciare quel perbenismo borghese che caccia sotto il tappeto i vari problemi e puntare ad allargare lo sguardo verso l'esterno, cercando semmai di aiutarsi vicendevolmente per potersi salvare (una lezione molto attuale in questi tempi di pandemia).
Da aggiungere, infine, che anche in questo film attori ed attrici diretti da Moretti recitano al meglio delle loro possibilità (fra i vari Buy, Rohrwacher, Scamarcio). E poi c'è lui Nanni che è sempre una garanzia, fin dagli esordì. Qui colpisce vederlo nel ruolo del magistrato integerrimo e rigoroso, ma incapace di avere un dialogo sincero con il figlio problematico. Se penso che nei suoi primi film era nel ruolo dello studente Apicella politicamente di sinistra, giungo alla conclusione che sono passati vari decenni. Ma Nanni Moretti mantiene, anche in questo ruolo in "Tre piani", sempre un atteggiamento rigoroso e ci invita ad assumerci le debite responsabilità.
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