Uscito nel 2002, "Order Of The Leech" è il decimo album degli ormai inossidabili Napalm Death, i notissimi britannici fondatori di uno dei generi musicali più marci e cattivi di sempre: il grindcore.

"Order Of The Leech" arriva dopo il successo di "Enemy Of the Music Business", capolavoro del 2000 che vedeva una rinascita dell'anima prettamente grind del combo, dopo le sperimentazioni degli anni Novanta che avevano visto Barney e compagni più appiattiti sul death metal che sul sound originario, con risultati comunque buoni soprattutto per quanto riguarda i fantastici "Harmony Corruption", "Utopia Banished" e "Fear, Emptiness, Despair", meno entusiasmanti i tre lavori successivi a questi ultimi.

Questo è il primo disco registrato dall'attuale formazione a 4 dato che il buon Jesse Pintado (R.I.P.) figura nei credits ma pare non abbia mai registrato nulla su questo disco, tutto il lavoro chitarristico quindi è da attribuire a Mitch Harris che si dedica anche a laceranti backing vocals.

"Order Of The Leech" consolida la nuova formula death-grind di "Enemy Of The Music Business", perde nei confronti di quest'ultimo un po' nella produzione che quasi mette sullo stesso piano tutti gli strumenti (al contrario nel disco precedente ogni strumento aveva una rilevanza propria che contribuiva a fare di "Enemy Of The Music Business" una delle opere migliori dei Napalm Death ma anche una di quelle più ruvide e potenti)  ma sicuramente non cede un millimetro in quanto a songwriting ed esecuzione : un Barney e il suo cantato profondo sempre più aggressivo, la premiata ditta Herrera-Embury che non fa prigionieri e un lavoro di chitarre come al solito abrasivo e sconquassante.

Tra accellerate in avanti quasi thrash (l'accoppiata "To Lower Yourself (Blind Servitude)"/"Lowest Common Denominator"), refrain hardcore (l'anthemica "Forced To Fear"), sfuriate death metal ("Narcoleptic" e "Farce And Fiction"), intolleranza grindcore (la martellante e ottima opener "Continuing War On Stupidity", la ritmata "Per Capita" e la velocissima "The Great Capitulator" traccia conclusiva che presenta una sorta di ghost track che sembra coinsistere in un discorso sul metal di un fan della band, erano già apparse cose simili sull'ep "Leaders Not Followers" e su "Enemy Of The Music Business") il decimo capitolo della saga Napalm Death si dimostra un disco pienamente soddisfacente che conferma le capacità di queste leggende.

Spiace però constatare che venga cosi poco spesso citato all'interno della discografia sia dai critici ma anche dalla band stessa che poco lo considera nelle setlists dei loro allucinanti shows, un vero peccato, dato che è si inferiore ai vari "Enemy Of The Music Business", "The Code Is Red... Long Live The Code" e "Time Waits For No Slave" (parlando di produzioni relativamente recenti) ma non per questo è un album da snobbare. Riprendetelo.

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