Devo ammettere che ero parecchio indeciso se scrivere o no questa recensione.
Il primo motivo è che non tutti conoscono e quantomeno apprezzano il lavoro e il concetto portato avanti da anni da questa one-man-band capitanata dal tedesco Rudolf Kanwulf, mentre il secondo motivo sta nel fatto che l’album in questione è una raccolta di vecchio materiale rimasterizzato con solo due tracce inedite. Ma andiamo per ordine.

Il progetto Nargaroth vide la luce nel 1991 con il grezzissimo demo “Orke”, nel 1993 invece fu la volta dell’ottimo “Herbstleyd”. Dopo di 7 anni di silenzio il Nostro diede alle stampe l’album in questione. La proposta musicale di Nargaroth consiste in un depressive black metal melodico con riferimenti a Burzum, ma in questo caso non siamo di fronte ad un ennesimo clone.

Questo cd è composto da 6 tracce, la prima è intitolata “Herbstleyd” dalla durata di quasi 9 minuti questa versione è decisamente migliore di quella presente sul promo, infatti essa si avvale nella parte iniziale di un sapiente uso di tastiere che conferiscono al brano maggiore profondità ed espressività. L’atmosfera è sognante e ariosa per poi inasprirsi nei 4 successivi cambi di tempo dove Rudolf da un saggio delle sue capacità di saper far male con un violentissimo e massiccio blast-beat, riff di chitarra distorti e graffianti e soprattutto con la sua acidissima voce che tenta a tratti di imitare il Conte Grishnack ma il risultato è uno spettrale e sofferente screaming. La seconda traccia è per l’ appunto “Black Spell of Destruction” di Burzum, dove Nargaroth cerca di omaggiarlo ma devo ammettere con scarsi risultati. Questa cover è suonata un semitono sotto e la voce e brutta fiacca e disturbante. Dopo questo episodio decisamente non riuscito è la volta di “Shall We Begin”, praticamente un inno al black metal: due riff di chitarra suonati però come Cristo comanda (ops pardon) come Satana comanda, con un repentino cambio di tempo in un blast-beat incessante e un riff questa volta più complesso e vorticoso. Il testo decisamente ignorante cita così: “Black metal is the art and weapon in my hand, that never fall asleep ‘till every man is killed" e poi una serie di “Black metal rules!!!”.

La mia preferita invece è la successiva “Into The Void”. Cominciamo a dire che in questo brano i toni cambiano decisamente. Qui siamo in presenza di una vera e lunga marcia funebre con riff di chitarra saturi e ciclici e dei profondi e lentissimi tom ritualistici che trasmettono davvero una tristezza infinita ma nello stesso tempo un gran senso di libertà. Il testo in questo caso è già più impegnato. Il Nostro si trovava a vagare per una oscura foresta, all’improvviso si accese nel cielo notturno una lucente fiamma che gli conferì il dono della vita eterna ma nello stesso tempo, da quel giorno, le persone vicine a lui incominciarono ad ammalarsi ed a morire fino a creare un vuoto intorno a lui e solo lui ne conosceva la ragione… Un brano davvero suggestivo arricchito da uno screaming acidissimo e incomprensibile. La quinta traccia è l’inedita e sperimentale “Amarok-Zorn des Lammes part II”. Il brano comincia con lenti e malinconici arpeggi di tastiere dal suono molto morbido ed ovattato, il brano esplode dopo 4 minuti con tutta la sua veemenza e libertà, una lunga e complessa progressione armonica dove il contrasto gioia e dolore giocano un ruolo dominante, solo alla fine il dolore trionfa su tutto, rappresentato da più sinistri e malinconici giri armonici di chitarra. Il testo è completamente in tedesco e la durata complessiva di questo brano e di 23 minuti, sostenuto da un iniziale blast-beat e poi in una successione ritmica molto più lenta. L’ultimo brano è l’inedita “As the Stars took me with ‘em” ed è la traccia più sperimentale del cd, imbastita da distorti minimali e lunghi arpeggi di chitarra in grado di creare una sorta di melma sonora. La batteria non è presente, ma è presente uno screaming che questa volta riesce a competere con il Conte se non addirittura a superarlo, infatti il brano e cantato con tale sofferenza dolore e disperazione in grado di incutere nell’ascoltatore un forte senso di straziante angoscia. Anche il testo è sofferto e parla del processo di abbandono della vita terrena per poi fondersi con la materia astrale, processo ovviamente lento e doloroso assegnato solo a pochi prescelti, il pezzo termina con un lungo e cupo black ambient minimale in peno stile Nordvargr. Anche in questo caso il pezzo si protrae per ben 20 lunghi minuti.

Questo è Nargaroth, questa è la sua proposta e questa e la sua attitudine e per apprezzarlo a pieno richiede una grande apertura mentale, infatti consiglio quest’ album a chi dal black metal pretende sempre qualcosa in più…

Giorgio “GrigioO” Finiello

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