"Anche la pioggia ama..." sembra una frase molto fantasiosa, ma lo sembra molto meno dopo aver ascoltato questo quinto album dei Nargaroth, il conosciuto gruppo tedesco nato dalla "psiche" (in senso greco, NDA) di Kanwulf.
Questo nuovo lavoro uscì nel 2003, ma gli strumenti furono registrati nel 2001, in seguito nel 2003 Kanwulf diede al sound una voce connettendo così il passato con il presente (di allora). Il cambiamento rispetto ai lavori precedenti è puntualmente arrivato, se infatti dei Nargaroth era nota in precedenza la violenza, la rapidità e la velocità devastanti in questo nuovo capitolo della loro storia si trova un Black Metal più depressivo e melodico, parola da prendere comunque "con le molle".
Il Cd si presenta all'ascoltatore molto intimo e delicato, il suo avanzare è lento e la sua progressione lo è altrettanto. I riffs si dedicano molto alla melodia piuttosto che a raffiche veloci e sferzate brucianti, ed è prorpio questo che permette alle canzoni di penetrare a fondo nel cuore, di riempire i vuoti con la loro infinita tristezza. Sono le canzoni a creare una strada fatta di oscurità e a percorrerla a loro volta fino in fondo senza mai annoiare, facendo vivere emozioni molto personali e dirette. Kanwulf stesso, dopo il suicidio di un suo amico, che avrebbe potuto prevenire, si ritira in solitudine e soffre molto rotrovandosi infine con influenze decisive che si ritrovano in quest'opera. In definitiva è sempre presente un certo tipo di violenza compositiva, ma lascia molto spazio anche a chitarre malinconiche e malate.
"Gelibte des Regens" incomincia con l'intro "Calling The Rain" un'invocazione alla pioggia eseguita tramite strumenti particolari che provengono dal Cile, i cosidetti bastoni della pioggia pieni di sassi che scorrono da un lato all'altro del fusto, incomincia così il temporale seguito dal vero suono della pioggia e da numerosi suoni della natura; chiude l'intro uno strumento che vibra come un corno, ma è sempre un maufatto di origine cilena. Il tutto crea una traccia molto suggestiva e rilassante tanto da volere che continuasse. Arriva quindi "Manchmal Wenn Sie Schläft", "Qualcosa mentre lei dorme", che spezza il rilassante inizio con un riff malinconico, il quale viene ripetuto all'infinito fino a che non compare la voce e il giro di chitarra cambia, rimanendo sempre su di un ritmo lento e ipnotico. Pochissimi sono i cambi di velocità che avvengono nel mezzo della traccia, fino a che il ritmo aumenta per poi giungere ad una conclusione, dopo ben 17 minuti, che scende sempre più in basso con un calando vorticoso.
Si riparte allora con "Wenn Regen Liebt", "Quando la pioggia ama", la quale sorprendentemente rompe la gravezza di "Manchmal Wenn Sie Schläft" con una partenza diretta e tipica del Black Metal tradizionale, per poi invece ricadere dopo alcuni minuti nella lentaggine, riprendendo lo stile triste, ripetitivo fino alla pazzia, ma molto coinvolgente. Dopo questi 12 minuti si giunge alla quarta song "Von Scherbengestalten und Regenspaziergang", "Da una figura di coccio e una passeggiata nella pioggia", dove la batteria e la voce, fino a questo momento non troppo invasive nè scortesi, hanno un maggior rilievo, ma è sempre il riff che qui muta con l'avanzare del tempo ad essere il vero protagonista. Senza la melanconia e la tristezza così ben riprodotte non si avrebbe quella sensazione di malessere che è il cardine dell'opera e che forma una specie di contatto fra Kanwulf e chi lo ascolta, accomunati dagli stessi sentimenti. In seguito alla camminata nella pioggia ritorna "Manchmal Wenn Sie Shlaft" nella versione alternativa che in verità non aggiunge nulla a ciò che si era già ascoltato.
Dopo il temporale che arriva al termine di ogni brano è il tempo di concludere l'album con l'Outro "Leb'wohl" il quale si apre con nuovi suoni della pioggia che lasciano spazio dopo tre minuti all'arpeggio e all'inizio vero e proprio della canzone. Il disco viene concluso a dovere dall'atmosfera sofferente riprodotta magistralmente dai soliti riffs di chitarra supporttati perfettamente da ogni altro strumento. La conclusione non può che lasciare l'ascoltatore con la stessa tristezza che regna padrona nell'album e che fa apprezzare in questo modo tutto il lavoro dei Nargaroth. L'intero inciso è un invito all'introspezione, ad un qualcosa difficile e lontano da trovare, ma se guardiamo in fondo è dentro di noi e lì ristagna da sempre, vicino. Parlare del songwriting non è facile, nè molto opportuno; sono le melodie a parlarcene implicitamente, a rivelarci che la pioggia piange e soffre come un'essere umano, respira, è viva.
Di sicuro non è un'album facile, non voglio così predicare la solita elitarietà che spesso si sente riguardo al Black Metal e cioè che è un genere per pochi "eletti", tutt'altro. Invito chiunque ad ascoltarlo e a scoprire il proprio lato nostalgico e malinconico, proprio perchè tramite la musica come tramite tutto il resto possiamo capire veramente noi stessi e ciò che ci circonda: la natura, ricordando sempre che "anche la pioggia ama...".
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