I Nasty Savage nascono a Tampa, in Florida, nel 1983. Dopo la pubblicazione di due demotape ottengono un contratto con la Metal Blade e debuttano nel 1985 con l'omonimo album, che presenta la copertina invasa dal logo della band, dai colori scuri e disturbanti un pò come la regina madre di "Alien" o le ottoie giganti di "Deep Rising".

Vengono spesso classificati come thrash band anche se non sono veloci come altre band del genere, non hanno ritmiche schiacciasassi, devastanti accelerazioni che spiccano come segnale speed, inoltre fraseggio delle chitarre è certamente corposo ma non compresso quanto il Bay Area sound. La band, nel corso di tre album ed un mini-Lp, maturerà un sound heavy metal denso avvicinandosi poi al thrash americano ben suonato ed orecchiabile su "Penetration Point" del 1989. Nella storia dei membri del gruppo, dopo lo scissione temporanea della band nel 1989, il minimo comun denominatore appare il death metal: il singer Ronnie Galletti suona con gli Infernal, combo brutal death metal (un demo all'attivo nel 1995), l'ascia Ben Meyer nei deathsters Lowbrow  ed Acheron; l'altro chitarrista David Austin transita negli Acheron anch'egli, mentre il bassista Richard Bateman e il drummer Curtis Beeson suonano nei succitati Lowbrow e in altre band del settore thrash-death-black americano.

Nel retro copertina del vinile i cinque Nasty Savage raccontano al loro storia con scatti presi da un concerto. Nasty Ronnie mostra il fisico da ex wrestler, trucco heavy agli occhi, borchie, anelli e cuoio nero. David Austin viene colto in un attimo di rapimento con occhi socchiusi, chitarra ben serrata nelle mani, tutto capelli e divisa mentre fa capolino la mano amica della fan sul fronte del palco. Ben Meyer offre una bocca digrignata, con naso alla Adolfo Celi e cartucciera sulla cinghia della chitarra. Curtis Beeson effettua numero d'alta scuola circense sputando fuoco con colluttorio benzinaio su sfondo giallo lenzuolo e logo della band. Chiude la parata il bassista Fred Dregischan, colto nel pieno della flessione del capo sopra il suo completo da guerriero heavy. Il destino riserverà al bravo bassista e compositore una caduta dalla finesta nella notte di Capodanno 1985, con lesioni di tale gravità che gli sarà precluso per sempre l'utilizzo del basso. Nel corso del cammino discografico la "maledizione del bassista" si abbatterà sulla band, costretta a ricorrere a bass player diversi nel corso delle loro uscite discografiche. I Nasty Savage eseguono un heavy metal compatto sulla scia dei Mercyful Fate del mini-LP "Nuns Have No Fun" (1982), con una punta di thrash e qualche ricordo Angel Witch, anche nella voce di Ronnie Galletti, che elabora acuti alla King Diamond e, in qualche passaggio, tonalità vagamente alla Di'Anno, ma comunque personali, che non stancano il nostro orecchio come nella song "Fear Beyond The Vision", dagli elevati vocalizzi, alternati a canto mordace, beffardo, sprezzante adatto all'andamento sghembo del brano. Liriche di lotta o violenza, quasi ispirati agli scritti dello storico Tertulliano accompagnano le musiche, come in "Gladiator" ("Gladiatore!/Nato per combattere, lotta per uccidedere/Notte e giorno, giorno e notte/Forza attiva, si rischia/Con armi mortali, con attrezzi di metallo/ Persegui con forza/Proteggi al tua anima/Demoni mortali distruggono i deboli/Creature violente fissano la vittima/Degna di sopravvivere/Gladiatore!/Odio,peccato, lussuria e paura/I modi di vivere sono rivelati/La fine del mondo non è lontana-COLPISCI/Corpi straziati, sangue e carne/Infuria la battaglia, inizia la corruzione/Vivi o muori, un'altro giorno/nessun autocontrollo, sono pazzo")

L'opener "No Sympathy" è tuttavia il brano più potente, dalla ritmica che ricorda il thrash più di quanto vorrebbero i componenti del gruppo, rinvigorita dagli assoli corposi, ragionati, pieni di discernimento unitamente al basso di Dregischan che pulsa come un cuore impazzito sostenuto da qualche acuto arriva alle stelle. In realtà la band non fa altro che trasferire la grinta, il suono e l'abilità compositiva, messa in mostra sul demotape "Wage Of Mayhem", nell'album d'esordio, che denota pure l'affiatamento dei musicisti già consolidato dai notevoli live act. Arpeggi acustici trovano posto nell'ispirata "Garden Of Temptation" laddove "The Morgue" sfiora i sentieri del doom nell'incipit calmo e lugubre, per poi esplodere nel mutamento di marcia dall'ottima presa, ereditata dalla ritmata "Dungeon Of Pleasure", dominata dagli assoli ben calibrati di Austin e Meyer, che si completano a vicenda senza mai sgomitare. Si nota come la band non componga canzoni struggenti come "Caught In A Middle" o "Invisible" dei Dio, ma punti sull'impatto, sul giusto posizionamento degli assoli nelle canzoni, sul sound potente ma asciutto, mai impastato, grazie alla produzione di Brian Slagel, allo zampino di Jim Morris e pure grazie alle tortuose linee di basso di Fred Dregischan, la cui assenza peserà sul successivo "Indulgence". Talvolta si accelera come nell'anthem "Metal Knights", oppure si accennano cantilene mediorientali come in "Psycopath", però senza perdere di vista il giusto refrain. Probabilmente l'esordio dei Nasty Savage è anche il loro acme.

Dopo aver perso il compositore principale, ovvero Fred Dregischan, i Nasty Savage stentano a ritrovare la giusta compattezza e le adeguate energie compositive. Il successivo "Indulgence" è davvero più potente dell'esordio, ma anche meno ispirato, più vicino al thrash metal statunitense e per il gruppo non resta che un posto tra le band culto degli anni' 80 , salvo poi tornare nel nuovo millennio con un disco trascurabile.

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