NATHALIE - Into The Flow

Un disco che ha luci ed ombre questa seconda prova di Nathalie, artista italo belga, polistrumentista e vocalist a metà strada tra Bjork e Tori Amos. Luci che ci avvolgono con piacere sicuramente nei brani cantati in inglese, dove l’artista riesce ad esprimersi meglio e a seguire il mood sicuramente “anglofilo” (e islandese) della musica. Luci che ci avvolgono in quanto musicalmente il disco è ineccepibile. Dall’incedere dark del brano di apertura (“In a world of questions”), alla circolare e inebriante waltzer trance di “In a trash can”, alle melodie delicate di un piano cinematico alla Nyman barra Einaudi, Into the flow ha sicuramente un bel flow, luccicante quanto basta per piacerci. Ne viene fuori a tutti gli effetti una buona conoscenza della musica da parte di Nathalie, che da polistrumentista quale è, sa modellare con gusto il sound. Con lei tra l’altro, alla produzione e arrangiamenti c’è Francesco Zampaglione, ex Tiromancino, che sicuramente male non ha fatto, anzi. Quello che non convince molto, e qui arrivano le ombre, è la voce di Nathalie, a tratti infantile, come tante impersonali vocine che siamo abituati ad ascoltare in produzioni a metà strada tra pop, elettronica e rock in giro per il mondo (e le coordinate musicale citate sono le stesse che percorre Nathalie in Into the flow), a volte aggressive, corpose, da donna rock (come in “Smile In a Box”, sicuramente il brano più convincente del disco, dove quasi ci fa venire in mente la Bertè). In più, Nathalie scivola in basso con i brani in italiano, in particolare in “Tra le labbra”, un brano noioso, che dura 3 minuti e 30 ma sembra duri un’eternità. Meglio forse sarebbe stato un disco tutto in inglese e con una maggiore personalità interpretativa dei testi e delle melodie vocali.

Carico i commenti...  con calma