Direi che il disco con cui se ne è uscito questo musicista ventiduenne inglese si avvicina parecchio - in un periodo in cui è comunque un obbligo non scritto quello di mostrarsi sempre un minimo interessati a cose del cui interesse faremmo volentieri a meno - si avvicina parecchio, dicevo, questo disco di Nathan Fake, al concetto di sorpresina kinder.

Non esageratamente inaspettata né sconvolgente - ma d'altro canto nessuno pretende tanto; ciò nonostante direi, ah, che per gli interessati a quel genere triangoloformico delimitato da vertici come Mùm, Boards of Canada, Dntel et cetera, questo lavoro si impone come uno degli acquisti più interessanti.
Come suona? Sostanzialmente lo svolgimento di ogni canzone coinvolge lo sviluppo di un giretto armonico (che spesso diventa il punto centrale della composizione, come in "Bumblechord" - la quale probabilmente deve qualcosa a "Yesterday Was Dramatic..."), la formazione di melodie arpeggio-basate ("Stops", "Charlie's House"), una batteria quattro-quartistica che non suona troppo sintetica.
Ah, c'è anche una ghost track. Che bello.

Le canzoni forse più interessanti sono a mio parere la già citata "Charlie's House", e le due conclusive "Long Sunny" e "Fell" - brani di ampio respiro e che si prendono il tempo di fare maturare senza fretta le piccole forme di vita che vanno a comporre un affascinante ecosistema musicale (ah ah...).
Il culto per il rumorino-strano è sempre subordinato alla musica vera e propria, e, se si escludono gli (urgh) "atmosferici" intermezzi di "Bawsey" e "Falmer", tutte le forze sembrano tese verso la piacevolezza più pura - data dal rapporto fra lunghezze d'onda diverse - maggiore, minore, arpeggino, parappappa.

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