Agosto 1994, da qualche parte tra Boston e Los Angeles. Due ragazzi di 24 anni, Andy Gavin e Jason Rubin, mentre affondano il grugno nelle salse di un McDonald's, apparentemente sparano una manica di cazzate.

"Oh, vecchio, va'che'sto 3D è'na bella figata! I giochi di corse, di lotta... certo che tutti stanno passando a questo 3D."

"E i platform?"

"...Beh, a quello potremmo pensarci noi! Chissà cosa ne verrebbe fuori..."

"Beh, visto che il personaggio sarebbe sempre visto da dietro, potremmo chiamarlo il "Gioco del culo di Sonic"!"

Risate a non finire.

Peccato che Andy e Jason non siano due giovani qualsiasi, bensì i cofondatori della mitica Naughty Dog. E allora va a finire che il gioco del culo di Sonic si fa, e si fa per la Playstation, la nuovissima console della Sony: roba sexy, altro che quelle mezze seghe di Atari Jaguar e 3DO. E già che ci siamo, ancora riguardo a Sonic, perché non creare una mascotte anche per questa Playstation? Stava per nascere la saga di Crash Bandicoot, il cui primo, leggendario episodio sarebbe apparso nel 1996.

Non ve la faccio lunga sulla trama, piuttosto nota. Ci sono i soliti due scienziaDi pazzi, il dottor Nitrus Brio e soprattutto Neo(nazi) Cortex, che come passatempo vogliono conquistare il pianeta e, con un'intuizione, pensano di farcela con un esercito di animali resi umanoidi e cattivi. Va a finire che un giorno arrivano in laboratorio due bandicoot freschi freschi, Crash e la sua... amichetta... Tawna; Cortex vuole fare di Crash il capo dei suoi scagnozzi, ma tutto va storto, il Cortex Vortex è ancora in rodaggio, Crash è buono e viene defenestrato, tutto a puttane. La morale è facile, fatevela voi. Sta di fatti che il nostro eroe in pantaloncini blu si risveglia sulla spiaggia dell'isola di N. Sanity. Si tratta, naturalmente, del punto più lontano rispetto al covo di Cortex, che Crash dovrà raggiungere percorrendo le tre isole in mezzo a millemila pericoli, dai pipistrelli-semaforo agli uomini-potoroo che gli lanciano i rifiuti tossici.

Se cercate un elenco di dettagli tecnici, rivolgetevi altrove. "Crash Bandicoot" è un platform coi controcazzi, è il piacere di completare il gioco con due sole mosse, il salto e il mitico tornado, sapendo che c'è sempre qualcosa in agguato; il tutto contraddistinto da strutture a metà tra il 2D e il 3D: lineari, ma con alcune notevoli eccezioni (chi si è dimenticato di "Cortex Power?"). Non mancano poi le variazioni, come i livelli dei boss, quelli a cavallo (a cinghiale?) sul cinghiale e quelli, splendidi, col masso rotolante alle (s)palle.

Ma io voglio parlare d'altro, voglio parlare del motivo per cui amo questo gioco: perché mi fa gustare il sapore dell'originale, l'aroma dei tempi andati, quando un gioco di Crash era infarcito di trucchi, quando potevi trovarci... le password. Un elemento che considero di primaria importanza in questo primo capitolo è l'atmosfera. Non so come, ma è sempre perfettamente azzeccata, si tratti di un livello su per il...fiume, di una corsa nell'oscurità o di una passeggiata su un ponte inesistente a 3 km di altezza. Decisive l'espressività di una grafica davvero degna di nota e la colonna sonora, che riesce sempre a dare un'idea, a riassumere il tipo di livello in questione. Ditemi se il brano di "Slippery Climb" non vi suggerisce che potreste scivolare nel baratro da un momento all'altro. Ditemi se quello dell'indimenticabile "Generator Room" non vi faceva macchiare il divano di giallo.

C'è un altro aspetto che mi manda in brodo di giuggiole: la difficoltà. Questo è, nettamente, il platform di Crash più difficile. Avete presente il secondo episodio? Anche lì per cuccarvi le gemme dovevate rompere tutte le casse, ma se morivate non c'era alcun problema, check point e via. Anzi, hanno pensato, se in alcuni livelli siete così bravi da non morire fino a un certo punto, vi guadagnate il diritto ad accedere a un'area segreta. Beh, nulla del genere. Qui l'oggetto principale da collezionare non sono i cristalli, ma appunto le gemme, e basta morire una sola volta durante un qualsivoglia livello per vanificare tutti i vostri sforzi. Da qui lo status di cult che hanno acquisito incubi come "Slippery Climb", l'infinita "Sunset Vista" e il leggendario "Stormy Ascent", eliminato dalla versione finale perché troppo difficile. Per non parlare del ponte di casse in "Castle Machinery". Insomma, per far sì che Crash, saltando sul portale di fine livello, non si tergesse la fronte, dovevamo sudare freddo noi, ma ne valeva la pena, perché si finiva nella "stanza dei vincitori": un posto intimo, raccolto (ancora quell'atmosfera! Zigh), dove sapevi che saresti stato ricompensato per i tuoi sforzi, per venire poi gentilmente avvisato che non avevi rotto una cassa. Quanti porchi, che nostalgia.

Sì, poi bisognava prendere pure le chiavi, ma si trovavano alla fine dei bonus (o, meglio, malus) di N. Cortex, e insomma cazzo ne so, morivo dopo due secondi.

Potrei dire che le gemme contribuiscono alla longevità del gioco, ma devo affrettarmi a concludere, le emozioni stanno per avere il sopravvento. Sì perché questo videogioco per me è un simbolo, il simbolo di un'età ormai perduta, quando, alla fine degli anni 90, si parlava di continuo di gemme (c'era anche Spyro!), si scherzava sulle Playstation 3 e 4 paragonandole a un'invasione aliena e per divertirsi "bastava" un marsupiale che saltava, vorticava, spaccava casse e, come si suol dire, non doveva morire. E non venitemi a parlare di Playstation Network o robe simili: altri tempi, la corsa ha sorpassato il corridore, non ci capisco più un gazzo. Ai bambini di oggi "basterebbe" un gioco del genere? Non lo so, mi risponda chi ne sa più di questo ignorante appassionato.

Sigh.



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