Neal Morse è sicuramente uno dei più importanti compositori nell'ambito del prog e i suoi precedenti lavori sono stati giudicati tutti dei veri e propri capolavori. Quest'album dal titolo enigmatico "?" (si dice che per gli amici è "Question Mark") è il sunto di quanto di buono questo artista è riuscito a fare in tutti questi anni.

Intanto vogliamo parlare dei musicisti che sono presenti in quest'album, roba seria: Mike Portnoy alla batteria, Jordan Rudess alle tastiere dei Dream Theater; Roine Stolt dei Flower kings e il leggendario chitarrista dei Genesis Steve Hackett. Già guardando i nomi la voglia di ascoltarlo viene e una volta fatto il risultato è garantito. Le canzoni sono molte (se ne contano 12) ma la maggior parte fanno da collante per le canzoni un po' più lunghe, ebbene sì perchè le canzoni sono tutte unite, quasi come fosse un unico brano. In questo lavoro i musicisti suonano ai loro massimi livelli e la voce di Morse che sarebbe più adatta per un pop ne canta le note. La prima canzone "The Temple In The Living God" è un bel brano che apre degnamente il disco. Dopo alcune canzoni di "passaggio" come le definisco io (molto belle e ben suonate) arriviamo ad "In The Fire" canzone prettamente dai toni rockeggianti dove si ha un primo assaggio della tecnica di Portnoy e compagni. Di Portnoy diciamo che nell'album sembra non esegerare così tanto come nei Dream Theater ma appare più d'accompagno anche se il suo repertorio lo sfoggia sempre in modo allucinante! Le tastiere di Rudesss suonano come sempre a mille all'ora e la chitarra di Neal Morse sprigiona note molto agressive e potenti. "Solid As The Sun" è una bellissima canzone, dove la chitarra con dei suoni particolari svolge un ruolo importante e il basso riempie gli spazi vuoti rendendolo un pezzo molto interessante. Da segnalare anche la presenza del sax suonato per l'occasione da Jim Hoke. "The Glory Of The Lord" dai contorni onnirici funge da gancio per la seguente "Outside Looking In" dai toni romantici e struggenti che si fa apprezzare per la sua melodia non difficilissima ma orecchiabile. "12" é il capolavoro dell'album che si fa apprezzare soprattutto nel pezzo strumentale che risulta essere qualcosa di veramente incredibile. Esordisce Rudess con le tastiere stile jazz per poi passare i rapida progressione alla batteria di Portnoy e per finire con l'inconfondibile suono della chitarra di Hackett. Ne nasce un pezzo letteralmente devastante che da solo vale l'album. Quello che più stupisce di questo pezzo è la velocità di esecuzione che si unisce ad una precisione fuori dal comune. Ti fa letteralmente venire la voglia di risentirlo almeno quaranta volte, mamma mia che musicisti! Toccato l'apice si scende di qualche gradino rimanendo sempre al vertice sia ben chiaro. Seguono "Enrance" che riprende i temi trattati nella prima canzone, "Inside His Presence", buona canzone in cui risalta prima la voce e poi la chitarra di Morse. L'album si chiude così come si era aperto con "The Temple Of The Living God" che come ogni brano di chiusura prevede, rende omaggio ai musicisti facendoli letteralmente esagerare (in senso buono!) con i loro strumenti e appare a chi la sente un vero e proprio trionfo di suoni che pone fine ad un disco molto ben riuscito e suonato a livelli eccelsi da grandi musicisti.

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