Onestamente: uno tra i dischi più brutti mi sia giammai permesso il lusso di acquistare e reiteratamente ascoltare, incredulo di tanta pochezza, alla vana ricerca di qualcosa (pressoché qualsiasi cosa) da salvare.
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La magra sostanza è quella su esposta: pregherei pertanto i gentili Signori De-Lettori, d'abbandonarmi tranquillamente qùà. Coloro i quali, Amici, conoscenti e squinternati assortiti, dovessero decidere di proseguire lo faranno a proprio rischio e T(h)rash pericolo: perseverando nella vacua quanto mnemo-nostalgica lettura saranno, in sintesi, Cavoli Vostri.
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Non si esce vivi dagli anni ottanta [Mors Mea Vita Tua]
E sì!
Perché Cari i miei cordiali Amici del Metallo più o meno stritolato, quando si è poco più chè maggiorenni (anno di sortita di cotanto inenarrabile "capolavoro": 1987) rendersi conto a posteriori d'aver in siffatta maniera dilapidato la miserabile paghetta derivante dalla ennesima imbiancatura casalinga (o, a seconda della fase stagionale in corso, pulizia dell'orticello domestico) risulta quantomeno inaccettabile sé non del tutto avvilente.
Nonostante ciò (ma siete proprio certi di voler proseguire nella insulsa lettura ?) e nonostante la "Stagione Del Morto" Necrofagico sia attualmente pesantemente coperto, quasi cèlato, dalla polvere depositatasi grazie al placido trascorrere del neutrale ed inscalfibile tempo, è ancora qui chè in maniera seppur silente presenzia: fa parte, ancorché in modo parecchio marginale, della mia vituperata esistenza e mi pare giusto, seppure a posteriori, riconoscerne e porne in risalto eventuali vizi (vedremo quanti) e improbabili virtù (ceselleremo quali).
A parziale "scusante" dell'origine cagionante l'incauto acquisto e della logica che mosse cotanto ardito passo, è bene porre in risalto la natura medesima dei musico-tempi testé rispolverati. Oggi-like-aujourd'hui, risulta, per certi versi, tutto assai più semplice e veloce ed economico: digiti, scorri, frettolosamente leggi, clikki e (opzionalmente) scarichi [più o meno lecitamente] quanto desiderato: sé quanto origliato (magari neppure fattivamente "ascoltato") non risulti di fast-gradimento può accadere chè integrali quanto hard-disk ingombranti discografie possano venire definitivamente obnubilate nel breve volgere d'un impercettibile click di mouse: il produci-downloada-crepa portato alle sue estreme e quotidiane, spesso anche salvifi*he, conseguenze.
Erano (non Vi siete ancora annoiati della scatologica lettura ? Io sì) davvero altri spazio-tempi: all'epoca della pubblicazione di questo esecrabile lavoro quando si parlava di rete (perlomeno dalle mie parti) l'associazione ideale portava direttamente alle non troppo abbondanti nasse "abitate" da saraghi e scorfani salpate dal Buon cugino Luigi e dagli allegri personaggi della sua ondeggiante barca lignea. Acquistare un disco (spesso a totale "scatola chiusa") signifi*ava estremo sacrifizio e un certo qual spirito d'adattamento: sè l'ellepì non risultava di proprio gradimento, essendoti però dissanguato, te lo facevi "piacere per forza" ascoltandolo e riscoltandolo sperando che magari al n-esimo passaggio della puntina sui microsolchi qualcosa di buono venisse fuori prima o dopo dalle sgangherate casse: in questa precisa occasione la delusione d'ogni passaggio si sommava, affastellandosi, alle precedenti: un quadro tragicomico che neanche Hieronymous Bosch.
Oltre al fondamentale e coalizzante passaparola tra aficionados, si sussisteva musico-criticamente della penna giornalistico-cartacea di pochi, abbastanza amatoriali quanto partigiani "giornalisti"-appassionati, che pur di diffondere e difendere la, spesso indifendibile, causa della propria più o meno dura musica preferita erano talvolta disposti a idolatrare e propagandare con "Buy Or Die"-imperativi sonore aberrazioni come questo "Season Of The Dead": sé qualcun_ custodisce gelosamente tuttora copia tra le proprie magazzinistiche scaffalature gli oramai secolarizzati numeri di "H/M" potrà facilmente verificare e confermare quanto sopra esposto.
Però, ad esser sinceri, anche oggi, e nonostante la web-informazione libera e globalizzante, che dovrebbe in un certo qual modo ristabilire le verità storiche, e i davvero portentosi potenziali mezzi a web-disposizione di una vasta e transgenerazionale audience, riscontro, con una certo qual velata tristezza di fondo, web-discernimenti di cotal guisa:
"I Necrophagia erano un famoso gruppo underground nei primi anni '80. Attraverso il loro suono duro e potente, questa band divenne la fondatrice di un nuovo genere musicale, il death metal." (Fonte Wikipedia)
Ordunque, dopo tanto insignificante mnemo-panegirico, passerei orsù a cercare di analizzare cotanta improbabile Opera Prima del Necrofagico self-nominato ensemble; in prima istanza, dopo aver (ri)sentito [per correttezza e dovere di cronaca] il vinile in questione mi chiedo che necessità vi fù di donarsi l'appellattivo di abitudinari cibantisi di putrefatte carogne: quale il motivo finemente retro-culturale chè spinse il "buon" Killjoy (un nome, un programma) vocalist e leader della incapace (e non propriamente allegra) combriccola necrofagista ad orientarsi verso un appellativo simile; forse fù conseguenza e onesta presa d'atto dell'irreversibile decesso delle proprie facoltà artistico-compositive in seno alla realizzazione di cotanto caposaldo ? Potrebbe essere una spiegazione moderatamente plausibile.
Perché questo Disco, Cari Signori appassionati e non di UltraMetallo, nonostante i venti-e-passa anni di letargica decantazione, per citare letterato e dotto, risulta tuttora una Villaggistica "Defecata Pazzesca": suonato letteralmente da cani (con tutto il rispetto per i quattrozampe-dotati animali) e forse anche ulteriormente penalizzato (oltre il danno la classica beffa) da una registrazione davvero indecorosa, semi-monofonica e piatta che neanche un tavolo da biliardo Restali, offre una quarantina di minuti (ahinoi) abbondante di incredibilmente spento, linearmente inefficace cavernicol-thrash/proto-death, pessima filiazione di Bathory era "The Return", Death periodo "Scream Bloody Gore" e/o dei primordiali "Raids Apocalittici" à firma Hellhammer, meravigliosamente privo di qualsivoglia minimo motivo di interesse: affermo ciò non tanto per il vacuo gusto del mirare sulla transitante e facile musico-crocerossa, bensì animato, oltre chè dall'amore per il vaniloquio, dall'intenzione di tentare di tutelare i meno "metal-vetusti", i quali potrebbero incorrere, alla luce delle attuali incomprensibili attitudini death-revansciste, in odierne sentenze chè elevano vacuità simili a rango di epocali apici di non meglio precisate underground-death scene.
Il non plus ultra incontrastato di questa sofferta ecatombe-musicale la assegnerei senza particolari patemi alla progressista traccia numero sei dal programmatico titolo "Mental Decay" (autobiografica?): dopo un'intro anche "incoraggiante" a forma di musical-vertigo che si dipana affannosamente per circa un minuto e venti, di palo in frasca si svolta di centottantagradi (peraltro contromano) verso una completamente monolitica e insensata t(h)rash-zappatura infarcita da tipici Hanneman/King-derivati guitar-solos dalla bava alla bocca, totalmente decerebrati e inconcludenti: il tutto fino al gran finale nel quale ci si ributta nell'ignorantemente fiacco batticarne-style ad libitum col solito fastidioso gutturale borbottio di fondo del vocalist: praticamente dei Geni (seppur completamente incompresi).
Ritmi blandamente fiacchi, stantii e sterili assalti all'arma bianca frutto d'una stanca, inanimata, esangue reiterazione di trite formule carpite con buona probabilità dagli "storici" dischi degli-Idoli-loro: non una idea in grazia di Dio (o di Belzebuth, sé proprio volete) degna d'esser riconosciuta tale: sommando al tutto un "cantato" (sorta di afasico parlato) monocordemente "cattivo", talmente fasullo e ridicolo che non sarebbe in grado di spaventare neppure il più innocente dei nipotini giunto alla veneranda età di sei anni.
Personalmente lo ritenni (e testè confermo in toto) un aberrante, ingiustificabile, deludentissimo fiasco totale su ogni fronte: roba, sé fossimo attaccati alla vile pecunia, da citarli per danni morali oltrechè materiali per esser stati sottoposti (à pagamento) à cotanto inverecondo, sublime, strazio.
Apprendo infine, non senza una certa qual sorpresa, dal web che costoro abbiano avuto addirittura l'ardire di riformarsi (al termine dei novanta) e siano tuttora più che attivi sul fronte "artistico": saranno sicuramente migliorati.
Anche perchè peggio di così è dura (a parte i bambolotti Sonora chè scopersi, mio malgrado, stasera)!
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