Black Moon Rising dura meno di tre minuti, il meglio dell’album sta tutto lì.
I Dissection hanno scritto Night’s Blood, i Necrophobic Black Moon Rising.

Il black-death svedese, o death-black se preferite. L’impatto e la possanza di uno misto alla freddezza e l’evocatività dell’altro. Immancabili le chitarre acustiche atte a creare solennità e un po’ di delicatezza, per quel che il genere concede, poco ovviamente… L’ascoltatore, fomentato da abbastanza a moltissimo, altrimenti ascolterebbe altro, può viaggiare con l’immaginazione tra boschi, fiordi e montagne dove il ghiaccio perenne regna, pensare con insistenza a notti illuminate dalla gelida luce della luna piena, a cui i lupi rendono omaggio con veementi ululati.

Rispetto ai Dissection c’è meno melodia e purtroppo anche meno ispirazione. Il meglio dei Necrophobic è il debutto The Nocturnal Silence, lì di black metal se ne trova pochissimo, ma non importa, perché il nero pece abbonda. Non è un caso che il calo qualitativo coincida con l’abbandono del fondatore Dave Blackmoon Parland, qui ospite alla chitarra solo sulla già citata Black Moon Rising, definibile quindi la sua canzone. Poteva pensarci un po’ su prima di abbandonare i Necrophobic per i Dark Funeral, ma è andata così.

Darkside mi ha sempre lasciato l’impressione di eiaculazione precoce, prima traccia perfetta, poi buone canzoni alternate a inutili riempitivi strumentali. Però sul finire dell’album Jon Nödtveidt duetta con il cantante Tobias Sidegård e che vuoi farci, Jon è Jon, tocca regalare quattro stelle.

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