San Siro, 2018. Fu uno dei concerti più imbarazzanti che abbia mai visto, quello dei Negramaro. Sarà che fu un gruppo che ai tempi ascoltavo con piacere, prima di passare all'ascolto di musica di uno spessore più alto, e che quindi mi aspettavo qualcosa che mi avrebbe lasciato quanto meno compiaciuto. Mi sono trovato dei Negramaro nettamente cambiati: sparite le chitarre sporche e robuste a dettare legge nei brani, sostituiti da un noioso e stucchevole pianoforte, arrangiamenti flosci e senza il benchè minimo gusto. Un concerto pietoso. Così ho deciso di recuperare i lavori dei primi anni, a mio avviso quelli più decenti ma soprattutto meno artificiosi, quelli in cui Giuliano Sangiorgi e i suoi amici/colleghi facevano sembrare che avevano davvero voglia di mettersi in gioco. Il primo splendido lavoro portava il nome di "00577", in cui il gruppo mostra subito il suo marchio di fabbrica: un pop rock in bilico tra l'ascolto leggero (radiofonico per intenderci) ma che per certi versi porta l'ascoltatore ad approfondire un certo tipo di sonorità, che fino ad allora pochi avevano portato in una realtà mainstream quanto i Negramaro nel territorio nostrano. Nel primo disco si possono udire infatti sonorità che strizzano l'occhio a band come Radiohead, Muse, Keane e Coldplay in primis (deduco siano band preferite del gruppo, se non è così potrebbe sembrarlo), legate dalla voce di Giuliano Sangiorgi, che chiaramente o la ami o la odi, ognuno per i propri motivi ma non è su questo punto che vorrei soffermarmi.
Il secondo disco "Mentre tutto scorre" continua il discorso iniziato con il primo, riuscendo a scalare le classifiche e ritagliarsi finalmente una loro posizione sul mercato musicale, in parte grazie anche alla partecipazione al Festivalbar, oltre ad una gavetta in cui nel bene o nel male la band dimostrò di essere musicalmente molto più preparata di quanto non sembrasse, gusti a parte. Rispetto al primo album qui le sonorità risultano meno "grezze", e lo si sente dal mixaggio finale, che a differenza di quanto farà negli album successivi mantiene coerente il suono del gruppo pugliese. Un disco più professionale anche per quanto riguarda il ritmo; se nel primo album gli episodi buoni fossero tanti, ma l'ascolto poteva sembrare poco studiato, qui invece leva ogni dubbio, e il risultato si vede (e si sente). 12 brani, alcuni più leggeri, altri meno, altri che sono diventati episodi cult nel loro repertorio. Vediamo un attimo di analizzarli:
"Nella mia stanza" apre il disco, un brano introduttivo molto godibile, nonostante risulterà meno originale rispetto a ciò che sentiremo dopo. "Mentre tutto scorre" è il primo singolo, e a seguito alla partecipazione di Sanremo fu abbastanza maltrattato da tanti ascoltatori, quando in verità è una piccola sorpresa, dal ritmo di una strofa che serpeggia fino allo scatenare un ritornello esplosivo, in cui i riferimenti ai Muse non sono del tutto casuali, band che tornerà sempre non solo in questo disco ma anche nei (due soli) successivi. "Solo3min" è la prima ballata, accompagnata da un commovente video; brano emozionante, seppur il ritornello in special modo risulterà poco digeribile per chi non ha particolare gradimento nel falsetto di Giuliano; per chi invece ha imparato a farsi l'orecchio resterà piacevolmente colpito. Segue "Musa" (titolo che la dice lunga), con quegli ottoni che si spostano verso l'Inghilterra, è un brano che non aggiunge nulla di più al resto del lavoro, ma tutto sommato si lascia ascoltare con piacere. Siamo giunti ora al capolavoro del disco, almeno fino ad ora: "I miei robot" è un brano spiazzante: i Negramaro stavolta si divertono a giocare, aprendo con un coro di bambini in una ipotetica scuola di musica, che poi si svilupperà con l'entrata del ritmo e una chitarra folk, un ritornello semplice ma adorabile, e un'esplosione di chitarre elettriche graffianti e di batteria che ricorda le sonorità di "Zanzare" e "Mono", contenuti nel primo album. Peccato sia finito nel dimenticatoio. Ed eccoci alla fortunata hit "Estate", un brano che è stato detestato per via dei numerosi passaggi radiofonici, ma che a differenza di canzonette come "Parlami d'amore" qui davvero si sta parlando di un bel pezzo pop. Delizioso il pianoforte, bellissimo il ritornello, con quel sapore in bilico tra la spensieratezza e l'amarezza, caratteristica che i Negramaro hanno sempre saputo trattare con coerenza, seppur poche volte mantenendo lo stesso spessore.
"Ogni mio istante" è invece l'episodio più delicato del lavoro, aperto da un emozionante arpeggio di chitarra classica, sostenuta poi da un accompagnamento di archi, che creano un'atmosfera quasi da falò in spiaggia. Forse un po' troppo pomposo ma nel complesso un brano modesto. Ed è la volta di "Nuvole e lenzuola", brano che è palesemente un rimando ai Keane (e a quella "Somebody told me"), ma francamente poco importa, dato che se dovessimo stare qui a contare tutti i plagi della musica italiana, o anche semplicemente le citazioni, questa recensione durerebbe duecento pagine minimo. Il brano è apprezzabile, nonostante mi sia rimasto poco impresso nel tempo. "Sui tuoi nei" e "Scomoda-mente" sono gli episodi minori del disco, musicalmente come al solito ben costruiti e suonati, ma non aggiungono nulla di diverso rispetto a ciò che abbiamo sentito fino ad ora. E arriva finalmente "L'immensità", cover di Mina e Lauzi; i Negramaro se ne escono a testa alta, pur non arrivando alla vetta dell'interpretazione originale la mantengono coerente con il loro stile, dalle chitarre distorte che entrano verso il ritornello alle trascinanti linee vocali di Giuliano. Non un capolavoro, ma una cover di tutto rispetto. Chiude "Solo per te", in cui a dominare l'atmosfera c'è la voce di Sangiorgi, un pianoforte che si ispira forse non volutamente a "Trouble" dei Coldplay, e uno splendido solo di tromba che dona al brano un pizzico di magia jazz. Una buona chiusura, sebbene niente di così indimenticabile.
"Mentre tutto scorre" è uno dei migliori lavori dei Negramaro, quando ancora mantenevano una dignità e coerenza musicale, in cui i "belati" di Giuliano suonavano bene nel contesto, e soprattutto ancora oggi si difende bene sul mercato pop rock italiano. Consiglio un ascolto aggiornato a chi lo criticò ai tempi, per riscoprire una band che in quegli anni ha saputo fare il suo, prima di sostituire ai suoi concerti gli amanti di un certo rock alternativo con la fanbase di Emma Marrone. Trascurabili del tutto gli ultimi due lavori, statevene alla larga e recuperate questo piccolo bel dischetto, male sicuro non vi farà.
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