Ciò che ufficialmente doveva essere la semplice reinterpretazione di un album uscito dieci anni fa ("Maiastru Sfetnic") è in realtà divenuto compendio essenziale e definitiva espressione artistica del progetto Negura Bunget dopo oltre una decade di carriera. Se poi contiamo che questo "Maiestrit" è anche l'ultima release ufficiale con all'opera l'originaria formazione della band rumena (il portentoso trio Hupogrammos/Sol Faur/Negru), si potrebbe anche parlare di uno spettacolare canto del cigno seguito da una sorprendente, inaspettata (per non dire "a tradimento") rinascita del gruppo con "Vîrstele Pamîntului", forte di una nuova line-up quasi tutta nuova di zecca.

"Vîrstele Pamîntului" e "Maiestrit", peraltro, sono entrambi usciti a distanza di appena quindici giorni: un così breve lasso di tempo tra le due opere non ha fatto altro che accentuare il distacco tra la vecchia formazione e quella attuale, seppure lo spirito Negura Bunget sia rimasto miracolosamente intatto nelle idee -forse un po' meno nelle forme espressive, ma andiamo con ordine. Un confronto sarebbe quantomeno banale, anche se inevitabile, ed è appunto la prima cosa che viene spontanea ascoltando i due lavori; ma su questo non vorrei risultare troppo tedioso.

Come già accennato, i Negura sono sempre rimasti i Negura: severi, taciturni, misteriosi, dall'aria vagamente sciamanica, indissolubilmente legati alla loro terra e al suo folklore, alle sue tradizioni. Tutto ciò, ça va sans dire, si rispecchia nella loro musica che, ora come ora, è piuttosto distante dal canonico e asciutto black metal degli esordi di "Zîrnindu-sa "; chi conosce la band sa che opere come "OM" e "'N Crugu Bradului" vanno ben oltre l'oltranzismo del genere, pur affondandovi le radici: quel miscuglio di black progressivo e atmosferico, folk, ambient e certo spirito "psichedelico" è divenuto inconfondibile e personalissimo marchio di fabbrica del gruppo (nonchè un vero punto di riferimento per la scena d'avanguardia) in breve tempo, fino al quasi definitivo abbandono dei lidi black metal con il sopracitato "Vîrstele Pamîntului", caratterizzato da un sound morbido, ovattato, contemplativo, dal tocco quantomai spirituale.

E "Maiestrit"?

"Maiestrit" ne è la controparte più feroce e irruente. Poche ciance, nessun compromesso: "Vremea Locului Sortit" esplode in una bufera di riff abrasivi e corposi e ritmiche cangianti, Hupogrammos si cimenta in vocalizzi ferini e graffianti, a metà tra scream appassionato e canto primordiale. Messa così potrebbe sembrare l'ennesima paccottiglia cacofonica buttata lì per stuprare l'apparato uditivo. Nulla di più infondato: dietro al turbinoso muro di distorsioni che per quasi un'ora s'impossesserà dell'impianto stereo sfileranno immense tappezzerie sonore, imponenti aperture melodiche dal sapore folklorico, passaggi intensi all'insegna dell'epicità, evocativi panorami autunnali di montagna, e chi più ne ha più ne metta. Insomma, la creatività all'arrembaggio.

Non avremo a che fare con l'attitudine eclettica di un immenso "OM", e forse siamo anche distanti dalla poesia sulfurea e caliginosa di "'N Crugu Bradului". "Maiestrit" non vuole brillare per sperimentalismi o avanguardia, ma per la passione e l'inventiva di cui ogni singolo brano è sinceramente intriso, e in questo suona Negura Bunget al 100%. "Bruiestru" e "Plecaciunea Mortii" lasciano ampio respiro all'anima folklorica della band prima di scatenarsi in tortuose incursioni chitarristiche; "A-vînt în abis" cattura, trascina e sconquassa senza un attimo di tregua; "Al Locului" si spalanca sui canti ancestrali di Hupogrammos e prosegue su una scia di conturbante misticismo. Per chi invece vuole assaporare il lato più intimista del gruppo senza scomodare troppo le membrane timpaniche, a fine album vengono riproposte le versioni acustiche/strumentali di due tracce, e qui di atmosfera ce n'è davvero a camionate. L'immancabile ciliegina sulla torta.

Certo è che il vero potenziale del gruppo è stato espresso magnificamente altrove ("OM") non tanto per la qualità musicale quanto per la varietà espressiva, ma è un dettaglio che nel contesto ha poca rilevanza. La fierezza e l'austerità che plasmano "Maiestrit" non lasciano spazio ai dubbi: questi sono i Negura Bunget (quelli veri) essenziali e primari che rivendicano e affermano le proprie origini, questa è la degna sintesi di un gruppo che con pochi dischi ha dato davvero tanto, e si spera continuerà a farlo nonostante le controversie degli ultimi tempi.

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