Qualcosa è successo.
Si, qualcosa deve esser successo per avermi spinto ad ascoltare un disco del genere e per apprezzarlo appieno. E per quanto non riesca ad apprezzare appieno il black d'avanguardia, tranne che per alcuni sprazzi di alcuni brani dei Dodheimsgard, questo disco, questo diamante immerso in tanto carbone, sinceramente, lo amo.
Si perchè non stiamo parlando di un semplice album di canzoni black metal, o di qualunque altro genere, ma parlo e recensisco un disco che ha dell'incredibile. “Reason & Divine” riporta la mia mente sulla terra e me la ricatapulta fuori dall'atmosfera per rendermi conto quanto, una sola mente possa esser geniale e tanto eclettica. Nikolas Alkariis crea praticamente dalla sua sola mente il gruppo che prende il nome di H.O.P.E., acronimo di Human or pain existence, che entrano nell'olimpo dell'avantgarde insieme ai ostri sacri che prima citavo, quali Dodheimsgard e manes.
Ma non ci si ferma qui, perchè “Reason and divene” rappresenta una summa e un apice compositivo che finora non ha eguali: creando tappeti sonori che uniscono il black grezzo ad aperture melodiche in falsetto degni dei migliori Muse, arricchite con sfumature gothic e con pizzichi di elettronica qua e là, il disco può incredibilmente far sfigurare un altro capolavoro quale 666 international, dei colleghi Dodheimsgard.
Ma serebbe un peccato mettere sulla bilancia due gruppi che son così distanti stilisticamente. Lo si evincie dall'opener “An ordinary morning”, dotata di rara carica malinconica, in cui sembra di sentire la voce del già altrettanto eclettico Bellamy dei Muse. Ma presto ci troviamo su un pianeta stilistico per nulla parallelo o similare, dato che le parti adornate di grezzo black metal prendono presto e spesso il sopravvento. Tra aperture e cambi di atmosfere degni del miglior gruppo prog, si passa dalle ultime atmosfere e accordi acustici della prima traccia all'intro tastieristico di “Chateau Noir”. Synth e altre diavolerie elettroniche portano all'esplosione ritmica e all'esplosione della violenza vocale. Uno scream sofferente urla supportato da chitarre a metà strada tra un riffing forsennato e un suono messo leggermente in secondo piano dall'elettronica. L'esplosione romantica e sentimentalista scoppia verso i 5 minuti del brano, con un finale etereo dotato di rarissima carica melodica. “My own interior way” porta i ritmi su una base ritmica abbastanza standard, ma le influenze dei muse si fanno sentire, e molto. Il pastrocchio, che dalla premessa potrebbe esser evidente, si trasforma in un piccolo gioiello di black e melodia. Tra falsetti, arpeggi di pianoforte (simili alle progressioni armoniche di Rachmaninov) e campionamenti vari, il brano scivola lasciando ferite nell'animo e un gusto sanguigneo nella bocca.
Da notare anche il forte contrasto nella visione del disco: il booklet gioca tra i contrasti di bianco e rosso sangue appunto. Accompagnati in un finale che a tratti mi ricorda i Dark Tranquillity, l'intro di “My second self” continua a giocare con l'elettronica e i campionamenti prima delle strazianti urla in scream e dei falsetti melodici in un climax emotivo ascendente. Siamo ancora, anzi, solo alla quarta traccia, e il disco mi apre già le porte della mente e delle infinite vie musicali che oggi si possono percorrere. Ne è un esempio “Abstinthe”, che continua con bizzarria e aggressività, il connubio tra violenza e sperimentazione elettronica. “Racine Mortelle” riprende in mano la situazione terrestre e le chitarre tornano padrone sia nella sezione ritmica che melodica, grazie a piccole sezioni soliste azzeccate e potenti melodicamente parlando. Si alternano ora le parti vocali pulite e in scream, credno un duello emotivo straziante e decadente, in cui tornano vittoriose le melodie chitarristiche fino al finale che cade divinamente nell'elettroncia, mlto presente in questo disco. Il duello tra le melodie di chitarra e la disperazione vocale ricomincia con “A light despair”, un mirabolante viaggio nell'isteria musicale di questa geniale mente francese quale è Nikolas Alkariis. Conclude la strumentale "HOPE", un grandioso capitolo fnale a cotanta bellezza. Contenente ogni elemento riscontrato in questo disco, racchiude il senso di completezza e compiutezza dell'album.
“Reason & Divine” è un disco per tutti: per chi ama il rock melodico odierno, per chi ama il black non troppo “true”, per chi ama le sperimentazioni estreme e ben riuscite. Se si riesce ad ascoltare questo disco con la mente sgombra allora si riesce ad apprezzare appieno. Un disco che riempirà le giornate e i vostri ascolti.
"Reason and divine", mai un titolo fu così azzeccato.
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