'Old man take a look at my life I'm a lot like you' cantava Neil Young nei primi anni settanta.

Quel ragazzo molto sinistro e misterioso, provvisto di camicia a quadri molto larga sotto una bella giacca marrone, i lunghi capelli neri che coprono il triste volto e una carnagione pallida. Sì stò parlando proprio di lui. Di quel ragazzo apparentemente fragile ma che con una dolce voce, una serie di semplici accordi acustici e un'armonica memorabile scrisse importanti pagine della storia della musica folk e non solo. Il nervosismo distorto di "Everybody Knows This is Nowhere", l'acoustic commovente di "Harvest", la magnificenza di "Zuma", il 'voce e piano' di "After the Gold Rush" e molte altre cose ancora. Il caro Neil ha fatto davvero dei lavori eccezionali. E a pensarci ci viene molta nostalgia.

Quando sono, quando siamo, venuti a sapere che sarebbe uscito un suo nuovo album la felicità era alle stelle. Probabilmente anche affiancata da una paura, da un presentimento, ovvero che l'album si potesse rivelare quasi una delusione, cosi come succede spesso oggi, alle stelle di un tempo. Ma signore e signori un album di Neil Young è un album di Neil Young. Punto e basta. Io sinceramente mi aspettavo un grande lavoro fatto da un grande artista, lasciando stare i pregiudizi della gente, che sono veramente molto discutibili e seccanti.

Giungiamo all'album. "Americana", prodotto dalla Reprise, è formato da 11 tracce, suonate da Young in compagnia della suo storica band, i Crazy Horse. L'album non è altro che una rivisitazione di canti popolari, traditonal americani, da cui l'album prende appunto il nome (decisione abbastanza banale per un tipo come Young). Il cantautore vuole tele trasportarci in dietro nel tempo, quando gli indiani d'America lottavo per la libertà contro l'uomo bianco, quando vi erano quei meravigliosi saloon in cui potevi ritrovarti una pallottola nel cranio da un momento all'altro, quando i duelli con la pistola li vedevi realmente, e non davanti una scatola vuota nei film di Clint Eastwood. Young cerca di fare tutto ciò con una forte anima punk, volume alzato al massimo, cosi come anche il distorsore e si dà inizio alle danze. Questa idea di Young però, era stata già avviata nei suoi famosi anni d'oro, anche se non volontariamente. Parliamoci chiaro, ok 'Oh Susanna', 'Clementine' sono grandissimi classici della musica americana, ma siamo sicuri che non lo siano anche i pezzi di Young? Io, personalmente, quando penso all'America non penso a 'Tom Dula', penso al meraviglioso folk di Harvest. Sinceramente Neil con il suo Americana non mi ha trasportato da nessuna parte, devo essere sincero, mi ha fatto semplicemente alzare e dire 'Peccato'. Avremmo preferito un altro album acustico, se non simile ai precedenti, sulle loro orme, e probabilmente un paio di giorni in America ce li saremmo fatti. Il miglior brano infatti, è a parer mio, 'Wayfarin' Stranger', l'unico acustico.

Non sconsiglio assolutamente "Americana", a chi piace l'hard rock può interessare molto, e sopratutto non scordiamo che Neil ha fatto anche grandissime cose con l'elettrica (guarda 'Cortez the Killer'). Ma ai fans del vecchio (e forse vero) Young, quello con la chitarra acustica in mano e una voce che ti dà le chiavi del paradiso dico di non illudersi prima dell'ascolto. Egli ha però due grandissimi meriti: primo, compone musica da ben 44 anni, nei quali ha scritto pagine fondamentali; secondo, con la musica è riuscito a saltare uno degli ostacoli più duri della vita, la droga, e si può solo lodare una persona del genere. Termino dicendo che Neil Young ci ha sì abituato ad album migliori di questo, però è giusto concederli la residenza nel suo caro mondo follemente western.

Carico i commenti...  con calma