Vorrei chiarire subito una cosa: non prendete gli elogi delle recensioni in giro su internet per nostalgie hippie di recensori un po' su con l'età. Io di anni ne ho più di 20 e meno di 25, della Musica non ho visto un c***o e mi ritrovo ad accendere la radio e sentire roba di cui farei volentieri a meno.
Questo non è un disco che ascolterete alla radio. Neppure "Harvest", che ha consacrato Neil Young, e che oggi va di moda dire che è fuori moda, e nemmeno gli altri capolavori quali "On the beach", "Tonight's the night" fino al molto più recente "Sleeps with angels". E' davvero impossibile non emozionarsi ascoltando questo concerto ed è impossibile non farsi trasportare da quel pubblico trionfante.
Ma qui le parole non servono. Serve solo ascoltare queste canzoni concepite per l'espressione dell'uomo fine a sè stessa. Ascoltare un'idea di musica che ora è praticamente inconcepibile. Neil Young, come molti compari, aveva qualcosa da dire. Anzi da urlare, pur con la dolcezza di una chitarra acustica.
Okay, Young e il suo genere possono piacere di più o di meno, sul gusto personale non si può discutere. Però per dischi come questo, per quanto mi riguarda vale la pena cercare di scuotere un po' della mia generazione urlando: ecco cosa ci siamo persi. Ecco quello che ora snobbate. Si adorano deplorevoli imitazioni, figli bastardi, ignorando e rinnegando i padri.
Questo live è un pezzo di storia, come il precedente "Live at Fillmore East" e come tutti i futuri live della serie Archivi. Tutti insieme saranno La Storia. Con questo disco sembra che Young-25enne sia ancora là, al Massey, proprio venerdì scorso, il tutto esaurito, da brividi, a suonare per un pubblico che sapeva ascoltare.
Bene, io non ho intenzione di perdermelo un'altra volta. Accoglierò in questo modo tutti i cd, fossero anche trenta, della ciclopica audiobiografia Archivi. E' come avere una seconda opportunità per poter seguire Young dall'inizio della sua carriera.
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