Appena ascoltato questo disco, pensando che poco tempo prima Neil Young era stato colpito da aneurisma cerebrale e aveva perso il padre, ho provato una grande emozione.
L'album, il migliore degli anni 2000 di Young, trasmette un senso di pace e rilassatezza straordinari. Già dall'apertura, con la magistrale ballata acustica "The Painter" (dedicata alla figlia) si rientra in quello che è uno dei mondi più conosciuti dell'artista canadese. Il picco dell'album è raggiunto poi da "No Wonder" in un entusiasmante crescendo fino al memorabile ingresso del violino e dalla traccia n. ro 5, "It's a dream", un vero e proprio sogno (con quegli archi...) che si vorrebbe non finisca mai.
Notevolissima anche "He Was The King", ovviamente dedicata ad Elvis, canzone con venature rock, ma pur sempre rientrante nel country-rock che fa da sfondo a tutto il disco. "Prairie Wind" è probabilmente la canzone forse meno riuscita, nonostante dia il titolo all'intero album, cui avrebbe giovato un minutaggio minore, ma il ritornello ossessivo ripetuto dalle donne alla fine ti entra in testa e non ti lascia. Così come non ti lascia questo album strepitoso di un Neil Young tornato a livelli altissimi, ancora una volta dopo che è stato segnato dal dolore. Dolore da cui evidentemente trae sempre spunto per grandi lavori, basti pensare all'epico "Tonight's The Night".
"Prairie Wind" è un disco caldo, cullante, da sentire e risentire. Da soli o in compagnia, non importa. L'importante è farsi rapire da questo vento di prateria.
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