Pochi lavori di Neil Young rimangono da commentare e tra questi 'Silver & Gold' è uno dei più validi.
Negli ultimi dieci anni da 'Sleep With Angels' in poi, il lungo tragitto di Young è stato caratterizzato da molti dischi discreti e nessun vertice. La vena compositiva di Neil, si sa, segue il tempo e le stagioni della vita; Cavallo Pazzo è uno di quei cantautori che hanno saputo sviluppare la propria musica in funzione dell'esperienza, delle suggestioni d'animo, del proprio cammino, l'opera di Young non può mai essere compresa e vissuta se non come specchio dell'esistenza stessa dell'Autore.
Scegliendo tra i variegati lavori prodotti nell'ultima decade, oggi il mio dito si punta su 'Silver & Gold', disco morbido, di colori pastello, intimo e autunnale. Parliamo del Neil Young cantore bucolico, del Neil solitario e contemplatore, assorto e infine avviluppato nella natura stessa, nel paesaggio. Ecco cos'è 'Silver & Gold', il miglior disco country da molto tempo a questa parte, migliore anche di 'Praire Wind', è un disco di suggestioni e immagini, di ricordo e visuali aperte sui campi, fuori dalla finestra. Fuori da quella finestra, dalla finestra oltre la quale trent'anni fa', in "Words", voltavano il terreno, aravano i campi. E' lo stesso paesaggio di 'Harvest' questo, è il paesaggio della percepita, o solo immaginata, campagna Younghiana, vista ora con guardo più maturo e non più con gl'occhi del giovane Loner; ora Neil è lo stesso Old Man che cantava anni addietro, ora il suo sguardo segue benevolente le linee dell'orizzonte, ora la sua chitarra si esprime in modo più rilassato, le sue parole fluiscono più distese e semplici.
E' inutile fare la critica ad un disco di Young, francamente si possono trovare mille difetti a questa bucolica opera, si può disquisire sulla sua parzialità, sulla sua effimera natura, sui suoi vacui contenuti, ma non serve. Potreste obiettare che questo disco non aggiunge e non toglie nulla all'opera di Young, che, infondo, Neil ci propina per l'ennesima volta lo stesso raffinato brodino, appena intiepidito; ma la musica, fortunatamente, non è un puro prodotto da consumare al tavolo dell'intelletto, non può essere solo gusto per la tecnica e per la scrittura, la musica riguarda una sfera eminentemente emotiva, talora anche spirituale, dell'uomo, e chi più non riesce a discernere i due aspetti rinuncia ad una grossa parte della pietanze che la musica porta in tavola, al ristoro che le note regalano all'uomo dalla notte dei tempi. Davanti ad un cantautorato così fragile ed emozionato, anche se non più innovativo, ci si può lasciar trasportare, abbandonare la penna, alzarsi dalla seggiola, uscire fuori, imboccare il bruno sentiero che sale alle colline, fuori, tra il profumo di mosto e le umide rive d'erba, davanti al paesaggio di tinte tenui, ma vive, che questo disco tratteggia per noi, nell'aria autunnale di questa stagione di mezzo, davanti a statiche suggestioni, ingenui ricordi e giochi di bimbo.
Le canzoni di Neil Young, sono canzoni eminentemente introspettive, hanno qualcosa che le lega indissolubilmente all'anima, alla natura dell'uomo, alla Natura del mondo. Sono interiori, ma di un interiorità universale ed anche quando piegate a tematiche di protesta, materiali, politiche, sono sempre poste dinanzi ad ogni tema in modo puramente interiore, personale (per fare un esempio pensate all'ambientalismo di 'Natural Beauty' e 'Mother Anthem'). Certo, ingenuità, naturalezza, semplicità non sono oggi valori riconosciuti, così come il registro tradizionale ed i suoni analogici. E' proprio questa l'eresia di Neil Young, questa è la sua ricerca, lontano da ogni flusso o corrente, da ogni precostituito giudizio.
I dischi e le storie di Neil Young tracciano sentieri alla ricerca dell'Assoluto, dei principi primi, di valori che, per dirla con Rosseau, "attengono alla umana natura", alla primigenia e libera semplicità. Ecco allora perché quello spirito inquieto ci affascina tanto: ridà al nostro cuore asciutto, la vena di sangue, il senso di vera Libertà che si trova nell'indagine interiore, nel dubbio, nel divenire. Neil cavalca intimamente il bisogno dell'Assoluto, che risiede nella massima naturalità, nell'assenza di sovrastrutture, nella sua semplice complessità, nel suo essere novello cavaliere impegnato, contro i mulini a vento, in una battaglia che lo appaga, un po' stoicamente, solo per il fatto di poter essere combattuta.
Dopo avervi annoiato con una lettura personale dell'opera di Neil, del tutto opinabile e parziale, per dovere di cronaca ricordo che questo disco nel suo progetto iniziale rillava di ancor maggior spendore. E' noto che alcuni tra i migliori brani composti originariamente per questo disco (Lookin' Forward e Out of Control, giusto per citarne due) siano stati donati alla causa del disco "reunion" tra Stills e Young uscito lo stesso anno, qualche mese prima di 'Silver & Gold' (potete trovare, invece, tutti i brani composti in quel periodo nel DVD 'Silver & Gold', dove Neil suona tutti i pezzi del disco, oltre ad alcuni classici del passato, voce e chitarra; veramente un buon concerto).
Ultima interessante annotazione, a testimonianza del felice periodo compositivo che caratterizzò, al contrario di quanto si pensi, gli anni '80, il brano che da titolo al disco e Razor Love, due tra i migliori dell'intero lavoro, furono composti per la prima stesura di Old Ways e, in un secondo momento, risparmiati a quella impietosa burla. Il brano Without Rings, toccante chiusura d'album, fu registrata da un Neil Young esausto e senza voce al ritorno dal tour di Mirror Ball tenuto con i Pearl Jam.
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