Di Neil Young, non c’è più nulla da dire e non si sarà mai detto abbastanza, c’è un disco splendido che manca qui in mezzo alla lista. Mi prendo la briga di lasciarvi una pagina personale, un ricordo, un certo sapore, per me inscindibili da questo disco.

Ricordo quelle sere, si usciva dall’albergo nel silenzio delle valle, solo alte vette sopra di noi ad orlare il cielo. Non so descrivere la magia e l’intimità di quei luoghi montani e di quei momenti. Solo il profumo delle alpi è mio ricordo, il rumore del fiume scorrere, non altro
Come ai primi movimenti di un sentimento, le parole lassù acquisivano un’eco, rimbombavano, dilatavano la loro portata, il loro significato. Andavano oltre, parole elegiache e sole, belle solamente a pronunciarle.
Trascorrevamo spesso il buio su panche di legno, al limitare delle abetaie, ora tirando sassi in un lavatoio, ora ripercorrendo la strada quotidiana. I chilometri rotolavano veloci sotto i nostri cerchi, tanto nei mattini freschi, quanto nei pomeriggi assolati. Talvolta ci sorprendevano grandi nubi gonfie d’acqua e malinconia, e le risalite si facevano più faticose e le planate più infìde.
Rovistando tra i ricordi c’era anche una chitarra ad accompagnarci sino in cima ai boschi, la ricordo  accompagnare falò improvvisati su piccole strade di ghiaia. E mentre bruciavano vecchie scope rubate qua e la’, la semplice complessità di quei luoghi si riproponeva a noi, in tutto il suo montano e notturno fascino. Altere giornate passate a trastullarci con gli accordi di Neil Young, a rendere estati come inverni, la musica di Neil Young può far perdere la sicura strada del ritorno, può far perdere le tracce di noi,  farci ammalare di una malattia dolce quanto insidiosa.
E proprio su questa manciata di canzoni senza rovo e senza spina si punsero i nostri sogni, ora sparsi e perduti come quell’estate.

Non vorrei essere meno fascinoso e banale definendo “Unplugged” questa serata di Neil Young, non una delle perle della collana di MTV, ma una riflessione immediata e  vibrante, che tocca il cuore,  un disco teso a metà tra la notturna campagna di Harvest Moon e gli sgomenti interiori del venturo Sleep with Angels.
Neil è solo, accompagnato nella penombra dalla sua chitarra. Solo, con una piccola bottiglia d’acqua e la sedia scarna, scarna e inquieta, come la voce che ricuce le vicissitudini più oscure dell’esperienza Younghiana. Sarà così per mezz’ora, ma il tempo scoppia davanti a tutto questo, quello emotivo fugge fortissimo, quello materiale si arresta..
E dopo The Old Laughing Lady, Mister Soul, Pocahontas, The Needle and the Damage Done e Like  a Hurricane, ecco comparire gli amici più fidati, che pur non essendo certezze regalano maggior rilassatezza al fascino cupo, che soggiace comunque la base dei pezzi che seguiranno non meno austeri.
Le notturne ballate non covano solo bucoliche riflessioni, ma anche ombre lunghe nella notte e vento che spira da Nord imbarazzando le spighe di grano immature e, ora non più quieto, scuotendo l’animo.
Per le strade di quel paesino spesso potevo vedere la sagoma fuggevole di Neil Young vegliare su di noi,  calare con la sera su balconi di legni e semplici pietre, a volte riparato dietro una fermata d’autobus, a volte seduto su di una staccionata, altre coricato tra l'erba ad ascoltare una fontana…

 

Carico i commenti...  con calma