La figura di Nelson Mandela, simbolica ed assieme emblematica dellev icende di una minoranza etnica, di un popolo, di una nazione, sono probabilmente note a tutti i miei lettori, sia per la loro enorme importanza sia per essere state oggetto di molteplici testimonianze e narrazioni, financo nel cinema hollywoodiano.
Si tratta, infatti, di una delle più straordinarie vicende personali, morali e politiche del ‘900, la cui centralità va peraltro misurata anche in rapporto a quanto accaduto nel continente africano nel corso dei secoli: nella sua lotta per l'apartheid,per la libertà e l'autodeterminazione delle popolazioni africane, Mandela rappresenta anche - ma non solo - la rivincita delle civiltà autoctone nei confronti del colonialismo, oltre che la dimostrazione che le popolazioni africane sono in grado di reagire allo sfruttamento dell'Occidente attraverso una propria specifica vocazione alla democrazia, o comunque alla convivenza pacifica fra i popoli.
In ciò la grandezza di Mandela:non solo liberatore del proprio popolo dall'oppressione della (supposta) "civiltà"colonizzatrice, ma anche testimone della possibilità di sostituire al "dominio"e allo "imperio" straniero una Civiltà fatta soprattutto di convivenza e armonia fra maggioranza e minoranza, etnica, politica, religiosa.
Il breve libro che qui recensisco simboleggia più di ogni altra testimonianza il significato dell'attività politica del leader sudafricano, e coglie in maniera tanto plastica quanto drammatica la sua posizione rispetto alle istituzioni coloniali che, nel Sudafrica del secolo scorso, dominavano e soverchiavano la popolazione autoctona: si tratta di una requisitoria fatta da Mandela innanzi ai giudici che lo processarono e condannarono al carcere, nella quale egli si contrappone al sistema giudiziale del proprio paese rivendicando non solo la propria insopprimibile libertà, ma anche quella del suo popolo, e - in un anelito universale - di ogni popolo o di ogni minoranza oppressa dal potere.
Frutto dell'arte oratoria dell'allora giovane leader politico sudafricano, il libro colpisce il lettore occidentale di oggi per la sua classicità: certo, si pone il problema della segregazione delle minoranze nell'epoca dell'apatheid, ma al contempo, quasi sulla scia di Antigone, si denuncia (e si combatte contro) l'eterno ed insopprimibile problema della giustizia di Stato, ossia di un apparato giudiziario che applica le proprie regole formali, le regole delle leggi stabilite dalla maggioranza,anche per colpire al cuore ed eliminare per le vie legali ogni minoranza che si opponga ad essa.
Nelle parole dei classici greci,si battaglia quindi contro una Giustizia ed un Sovrano che si rappresentano come "giusti", ma che "giusti non sono", dato che le loro azioni, pur coperte e giustificate dall'apparato delle leggi, sono in contrasto con lo spirito profondo di una parte del popolo, oltre che con la stessa costituzione materiale del paese su cui pretendono di regnare sovrani.Nel linguaggio moderno, essi agiscono entro un confine del lecito, che non è tuttavia legittimo, né legittimato.
Confesso che da individuo e cittadino cresciuto con la certezza che Stato,Legge ed Ordine costituissero, prima ancora che dei valori irrinunciabili,una necessità insopprimibile per il vivere civile, ossia degli elementi fondativi per ogni Civiltà degna di questo nome, questo libro ha rappresentato per me un salutare pugno nello stomaco: mi ha costretto a rimeditare su me stesso, come spero capiti anche a tutti i miei lettori ed ai lettori di questo lavoro.
Molte le ragioni per le quali questo libro può parlare alle coscienze intorpidite dei contemporanei.
Si tratta di un libro che difende la minoranza, e, soprattutto, di un libro che perora i diritti inalienabili dell'Uomo rispetto ad ogni Potere che intenda limitare la sua insopprimibile libertà, la sua capacità di agire mediante un uso pericolosamente distorto degli apparati pubblici, Magistratura e Processo per primi.
Si legge, talvolta, che le istituzioni pubbliche sono poste a tutela dell'Uomo, a garanzia del suo sviluppo e dei suoi diritti fondamentali: la prassi dimostra, tuttavia, come la tirannia della maggioranza possa risolversi nella emanazione di leggi volte a comprimere o sopprimere i diritti delle minoranze, specie se politicamente "pericolose", condizionando a propria volta l'applicazione delle leggi da parte di un Potere Giudiziario pericolosamente sodale con la maggioranza politica.
L'effetto, bene rappresentato da questo libro, è quello di eliminare le minoranze, ed ogni pensiero difforme rispetto a quello della autonominatasi maggioranza, per via politica e giudiziaria, negando con ciò le premesse stesse della divisione dei poteri, della democrazia, e della libertà individuale che della democrazia costituisce il fondamento primo.
Può quindi accadere che un Leader politico ed il Popolo che Egli rappresenta, invisi da altri gruppi di potere che rappresentano (o, molto spesso, affermano di rappresentare) la maggioranza,vengano privati dei propri diritti politici, della possibilità di partecipare alla vita pubblica, della libertà stessa di esprimere il proprio Pensiero, attraverso l'arbitraria creazione ed applicazione di leggi volute dal gruppo di potere che ambisce all'egemonia e dai propri alleati: questo è quanto accaduto nel Sudafrica di Mandela, ma è quanto può accadere in ogni luogo del mondo.
Quali rimedi appaiono dunque possibili contro l'arbitrio, contro l'abuso del potere, contro il gesto di chi calpesta i propri simili e i loro valori? Questo libro ha il pregio di non suggerirci e non suggestionarci con facili vie d'uscita: la civile opposizione di Mandela nei confronti dei propri oppressori non gli ha impedito di passare molti decenni in carcere, come pure non ha impedito alla maggioranza contro cui egli lottava di conservare il proprio potere. Merito di questo libro è proprio quello di farci cogliere il dramma della minoranza, della voce inascoltata perché perdente e minoritaria rispetto allo spirito dei tempi, ed allo spirito delle leggi che si applicano ferocemente a danno dello sconfitto.
Al contempo, la pubblicazione di questo libro rappresenta una speranza: una speranza che ci è data dalla stessa Verità della Storia, unica pronuncia che abbia l'autentica forza del Giudizio. Ebbene, è la Storia stessa a dimostrarci che l'Uomo sconfitto dai tribunali che affermano di giudicare nel nome del popolo, ma che lo fanno solo nel capzioso nome della maggioranza, risulterà Invictus - come ci ammonisce il bel film di Eastwood dedicato a Mandela - nel lungo periodo, dimostrando con la propria tenacia, e la tenacia dei propri eredi, come le Idee e lo Spirito di un popolo non possano essere chiuse fra le sbarre, non possano essere private di quelle ali della libertà che consentiranno ad esse di sopravvivere ad ogni tentativo di oppressione.
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