Gelidi come la loro terra di origine, Finlandia. Glaciali e primordiali come il suono del Kantele strimpellato da Tolonen. Il duo lappone chiamato Nest nasce a fine millennio e propone musica arcaica come a voler andare contro-tendenza. Elementi portanti sono tastiere, basso, percussioni quasi tribali, voci e sussurri, e il mistico Kantele, strumento tradizionale lappone a corde metalliche che produce un suono acustico cristallino, eterogeneo, ma estremamente freddo.

Il risultato è un ambient con ampi spazi dedicati al folk e quindi a passaggi acustici e atmosferici. Tolonen ha partecipato a diversi progetti metal e non (DoomSquirrel, The Mist and the Morning Dew, Todesbonden, Shape Of Despair) suonando il suo strumento, dimostrandone la versatilità eterogenea che possiede. Oltre "Woodsmoke" e un paio di split, troviamo questo "ritorno" nella comunque esigua discografia dei Nest. La prima nota riguarda i ritmi e i passaggi ritmici che accelerano notevolmente rispetto al precedente album. Inoltre gli inserti tribali e tastieristici sono più presenti. In generale l'ascolto può risultare molto pesante e difficile, specialmente alle prime volte. Infatti ritengo non sia un album minimalista, quanto uno da sottofondo, da ascoltare quindi mentre si fa altro, o comunque si riflette. Il trasporto non è semplice, però in momenti adatti, anche durante lo studio ad esempio, può risultare estremamente rilassante e aiutare enormemente di più di una qualsiasi sostanza chimica.

L'apertura, affidata ai 10 minuti di "Moonbow", è curiosa per l'utilizzo di un sottofondo di fusa di gatto. Il Kantele sarà facilmente riconoscibile dal suono, in quanto protagonista assoluto di tutte le tracce. Il sottofondo ambient e di basso faranno quasi sempre da contorno. "Claw And Fang" rimanda a ritmi più tribali e sostenuti risultando abbastanza scorrevole nonostante i suoi 8 minuti e mezzo. Si contrappone Kontio con la sua dolcezza struggente avvalendosi di piacevoli inserti canori e cori. I 15 minuti di "Hunt" sono tra i più ricchi di atmosfere contrastanti prodotti dal duo. infatti risulta la traccia più piacevole e pregna di tensione, paura e momenti di calma apparente, come nascosti sotto qualcosa in attesa che il pericolo passi. La sensazione di essere cacciati, di essere la preda che fuggee si nasconde osservando il cacciatore. Il tutto descritto quasi unicamente da strumenti musicali. E verso metà spunta il coraggio di uscire dal nascondiglio, forse per fame, e la caccia riprende, il predatore mai s'era spostato, con la illogica pazienza di chi ha fame. "The Mire" si evolve molto lentamente e forse è la più ridondante e ripetitiva. Così come "The Turning Of The Tides" risulta lunga e prolissa ma anche più ricca e minimalistica rispetto alle altre. Il problema principale è appunto la sensazione di già sentito che balena man mano che si va avanti nell'ascolto, e anche se è innegabile la bravura compositiva dei Nest, l'ascolto può essere effettuato di tanto in tanto e nelle condizioni di poter avere comunque la mente impegnata. Il risultato altrimenti sarebbe la noiosità dell'album che è comunque tipica del genere...

"Across The Waters" è la conclusione dei quasi 40 minuti di "Trail of the Unwary" che è un ottimo disco ambient, suonato in maniera puramente espressiva, anche se decisamente poco oggettiva. Un ascolto è consigliato a tutti, ma attenti alle condizioni che ho proposto, sono fondamentali per poterne apprezzare il potere. E' come acqua, inconsistente e impalpabile da sola, ma in una spugna riesce a riempire tutti gli spazi vuoti penetrandola fin nel cuore.

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