OLTRE L'APOCALISSE

"..An exiled sound washed in with the tide. Their voices are free. Free from the sun's stare, free from the noise of lost souls. On the waves their voice carries on.."

Oscurità. Nubi. Vapore tossico. Fuochi. Squarci di luce. Dalla collina l'umanità è porpora. Come il respiro, le mani, la terra, tutto. Come le pietre cadute dal cielo esploso. E' veleno sull'anima. Penetra lo sguardo opaco, destabilizza il cammino. Dalla collina un reduce cerca il sentiero che porta al rifugio dei sopravvissuti, tra carcasse di vecchie automobili e i detriti della civiltà sconfitta. Le parole non servono quando sei un esemplare esclusivo, sono inutili. Non devi giustificarti, non puoi condividere né amare o scusarti. E' la tua miserevole dannazione. L'alba non è mai sorta, da queste parti. L'eclisse immortale ha ucciso giorni, mesi, anni. Ha un senso perciò attraversare le antiche mura a ovest della città, per sperare nell'aiuto e conforto di altri uomini? Speranza non è più una parola abusata e svilita, in questo mondo post-Occidentale, post-11\9, post Google. Post-nucleare. Può ancora avere uno stupido significato varcare i confini della giornata, se al di là delle macerie di Chiese e giganteschi centri commerciali trovi le tue radici, e capisci che non sei l'unico. Perso nell'oblio, mentre il tempo è immobile e lo spazio deforme. Sei solo un puntino nero nel vuoto di un foglio bianco. E allora sfidare il crudo calore del giorno e il gelo notturno, l'occhio della tempesta e gli animali affamati di carne diventa una necessità, un antidoto alla paura fuori la porta. Steve Von Till è l'ultimo uomo sul pianeta (quale?), l'ultima briciola umana di un universo imploso e finito, sgretolato. Cosa resta, dopo la Grande Catastrofe, della Storia, dei popoli, delle vite passate? Quali tracce dell'esistenza sapranno riconoscere i superstiti? Forse un ricordo incerto, e offuscato, dei millenni di vizi, di abitudini, dogmi e guerre: il segreto dell'umanità perduta, custodito dai guardiani Neurosis (alla nascita power-trio hardcore a Oakland, 1985).

"A sun that never sets burns on. New light is this river's dawn..A time to think back and move on. Rebuild the loves of lives long gone.."

"A Sun That Never Sets" (2001) è un viaggio epico e doloroso di spasmi laceranti e profondità abissali, di creature lovecraftiane e solitudine sullo scenario desolato che segue l'Apocalisse. Coadiuvati dalla possente produzione del grande Steve Albini, il pachiderma Neurosis fagocita in settanta minuti post e sludge metal, moderna psichedelia, folk apocalittico e alternative; con vocals cavernosi e chitarre ciclopiche (dei leader Von Till e Scott Kelly ), l'impetuoso drumming di Jason Roeder (disteso e impressionista nelle digressioni strumentali dilatate, psichedeliche), Dave Edwardson al basso, il piano\drones di Noah Landis e il fondamentale apporto live dei visual acts di Josh Graham. "Erode" è il breve e sinistro preludio percussivo (1'49'') alla marea nera, lirica e struggente, di "The Tide": nove potenti minuti in cui il binomio quiete\ferocia della bestia neurotica rimane magistralmente sospeso tra dimensione ancestrale e letteraria, sul filo di angoscia e morte. "From The Hill" è un'altra lunga cavalcata sonica, questa volta un folk-blues psicotico, dilaniato e metallico; perfetto, a suonarlo tra i rifiuti, seduti su un divano al centro di un'immensa discarica post-atomica. L'ossessiva "A Sun That Never Sets" riassume in cinque minuti di riff dissonanti e crepe emotive il sound inquieto e mutante dell'album. Un antipasto ai vorticosi saliscendi elettrici dell'imponente suite "Falling Unknown" (vicina al quarto d'ora), una discesa negli inferi, un torbido sabba di grida allucinate filtrato dagli archi della catarsi finale, cosmica. "From Where It Roots Run" sanguina note da un mantra industrial, sulfureo, cerebrale. Le campane suoneranno l'incipit di una malsana sinfonia, quando la Fine arriverà e i cieli si apriranno (Stones From The Sky). La voce di Kelly è un dimesso messaggio, distilla il presagio imminente, fatale. Pietre roventi strappano il sipario celeste e bruciano il nostro caro, vecchio mondo in combustione. Brucia nei tuoi occhi quello che eravamo, o credevamo di essere. Brucia il ricordo nei tuoi occhi, dove ora ardono i raggi di un sole tirannico, che non tramonterà mai.

"..Il basso sole antartico di mezzanotte ci fissava rossiccio dall'orizzonte meridionale attraverso le spaccature delle rovine frastagliate, e l'antichità terribile e la morte della città sembravano ancor più definite per il contrasto con cose relativamente conosciute ed abituali.."

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