Signori, da poco ho compiuto 26 anni, e ci apprestiamo a festeggiare, tra regali e trastulli ed auguri, l'ennesimo, bianco Natale... tutti dicono di sentirsi più buoni in questo periodo... tutte cazzate, non credete a chi vi tartassa ancora con sta tiritera, specie se le sue parole vengono rivolte ad un microfono, fronte la telecamera. La verità inoltre non paga, specie con le ragazze. .. l'altro giorno conosco sta qua, due occhi talmente azzurri che fra poco ci affogo dentro, bel fisico, alta, giovanile (19 anni)... ci diamo appuntamento la sera stessa in una disco della zona; io ci vado, e da solo; è con lei che voglio stare. Quando ci incontriamo, mi abbraccia calorosamente, e quando le dico: "È il mio compleanno!", lei mi stringe e mi da un bacio, poi mi fa: "Quanti anni compi?"; "Ventisei!" le dico... un po' sorpresa, torna a ricomporsi e mi chiede se bevo qualcosa; io le rispondo di sì e mi dice: "dai aspettami qua... vado io a prendere i drink!". Un po' riluttante acconsento, vorrei andare con lei... la vedo mescolarsi al casino generale di quindicenni in erba, ubriachi ed esaltati per i Punkreas che stavano esibendosi sul palco. Non è più tornata. Più bastonato di un cane randagio, nonché pervaso da rabbia misogenica rasente il desiderio di estinzione del genere femminile, mi avvio verso il mio mezzo di trasporto, freddo, distaccato, ferito... mi chiudo dentro di esso brandendo una sigaretta... quanto desiderei drogarmi con un po' di marijuana, ne ho un bisogno estremo, devo tamponare questa botta interiore... peccato che abbia le analisi della patente, non mi è consentito sgarrare. L'unica è rispolverare Souls at Zero, penso... già.. Souls at Zero, la musica del dolore, tanto per citare Piero Scaruffi, e la recensione che fece lui nel lontano 1992 su Rockerilla #146, di cui conservo gelosamente una copia... in esso sono contenuti i motivi del mio attaccamento ai tristoni di Oakland, parole da loro stessi pronunciate: i fallimenti dei primi dischi (Pain of Mind su tutti... il produttore scappò coi ricavati delle vendite...), le tematiche serie e i live distruttivi e viscerali, l'impronta fortemente sperimentale e più interessata al suono d'insieme del gruppo, piuttosto che allo specifico riff, la loro propensione ad uscire a tutti i costi dagli schemi (impulso primordiale...). Lo stesso Steve von Till, nel suddetto articolo, ci tiene poi a specificare come l'hardcore sia una buona scuola di vita, e come ritenga il grunge, specie quello di gruppi come Nirvana, Helmet, e Soundgarden, un genere troppo sopravvalutato... chissà quanti avranno storto il naso di fronte a tali affermazioni, l'avrei fatto anch'io ai tempi. Se avessi ascoltato Souls at Zero a quell'epoca, sicuro sarei fuggito come un bambino impaurito di fronte all'uomo nero... Tiro giù il finestrino per fumarmi un'altra sigaretta... intanto le note di "The Web" fanno vibrare l'auto, nel gelo di questa notte d'inverno. Ripenso a quanta rabbia, quanta frustrazione mi ha indotto, anni e anni fa, a rispecchiarmi totalmente nella sofferenza e catarsi Neurosiana... ricordo quanti mi schernivano quando, in impeti di fragore interiore, li paragonavo senza indugi ai più rilassati, ma non meno bravi, Tool, con un'unica clausola: i Neurosis sono più VERI. Ma niente, solo sconforto ed incomprensione. Quando per la prima volta ebbi per le mani Souls At Zero, ero scettico assai... non potrà mai, mi ripetevo, superare quell'altro capolavoro di estasi negativa che è Through Silver in Blood... ma più il tempo passava, più l'evidenza cresceva in me, come un fungo parassita, come una rivelazione rifiutata che si vendica trasformandosi in certezza, giorno dopo giorno... Facevo il postino in campagna, e ricordo come partissi tutte le mattine dall'ufficio postale carico di posta, walkman nelle orecchie, cassetta con Souls At Zero, per un'intera estate. Ogni giorno, o quasi. La gente a volte mi guardava curiosa, aggirarmi per le loro buchette cantando con voce soffusa e sofferta le splendide canzoni che ormai si erano insinuate nel più profondo della mia anima sempre inquieta, rendendo quelle ore di lavoro piacevoli ed al tempo stesso struggenti e malinconiche... indimenticabili... "Scusi signorina, ma cosa sta facendo??", mi fa una, una volta... "Ho i capelli lunghi, ma sono un maschio, signora!!?" le rispondo, "mi scusi stavo riavvolgendo il lato...". "Si tolga di mezzo, devo passare con la macchina, mi sta intralciando il passaggio...". Anche questa sigaretta è finita. Mi sto intossicando, il tabacco fa proprio schifo... ripenso a quella bimba crudele, alla sua poco spiccata umanità, nell'avermi lasciato sul trespolo ad attenderla invano per un'ora... intanto incalza "A chronology for survival", bel titolo, azzeccato per quest'istante in cui l'idea del suicidio si offre come enigmatica tentazione. "Rise, Run, Feed, Ripen, Wound, Wither, Fall, Rise again" fa il ritornello. È più facile lasciarsi sotterrare dalla polvere, piuttosto che lottare con tutte le proprie forze per riemergere e respirare ancora a pieni polmoni. Accendo l'auto, e mi dirigo verso il locale... li accanto c'è un piadinaro notturno, uno zozzone, come diciamo dalle nostre parti, e quel che mi ci vuole è una zozzeria a base di salsiccia e cipolla. Mentre aspetto, la vedo. eccola è LEI, sta uscendo con le sue amiche... ed un tipo che ad un certo punto la circonda con le sue braccia, e la bacia... lo zozzone mi da la mia munnezza e la pago ben 4 Euri. Resto lì, a guardarli sorridere, a divorare quel miscuglio di trementina e aglio, e quando mi passano accanto, lei alza lo sguardo e un po' turbata si ferma, sulla difensiva, e mi fa: "Scusami... sei troppo grande per me...". "Grazie, non c'ero arrivato!!" rispondo con l'alito più fetido del mondo... il tipo, capelli ingellati e faccia da schiaffi, non batte ciglio. Lei non dice una parola di più, e nemmeno io. Risalgo in macchina, e riaccendo lo stereo: "Takeahnase" è l'urlo liberatorio di cui ho tanto bisogno. Ma poi, l'ultima track, "Empty", dolce, leggiadra nel suo arpeggio finale, mi ridona la pace e quel senso di speranza, che non si sa come, scaturisce sempre e solo quando i nostri latrati e le nostre lacrime per un mondo ed un'esistenza alla deriva sembrano non avere mai fine. Buon Natale... ah, non rompetemi con storie tipo: "Dovevi parlare più del disco...": il disco in questione è DOLORE.
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