Può un singolo e dannatissimo EP di 5 canzoni essere peculiare per un gruppo orientando il suo percorso stilistico fino al punto da essere considerato come uno degli apici musicali di quegl'anni? Come avrete inteso dal mio retoricismo (e dai sovraposti pallini) la risposta è affermativamente scontata. 1996. Nello stesso anno in cui il teatro La Fenice di Venezia viene distrutto da un'infausto incendio, la Juve vince ai rigori la sua seconda Champions League e i Take That, nel giorno del compleanno di Robbie Williams, decidono ''nostro malgrado'' di abbandonare l'attività di Gayband, viene alla luce ''In Memory'' e una parte del metal non sarà più lo stessa.

Senza voler peccare di esagerato entusiasmo ho sempre ritenuto queste cinque songs (unica eccezione forse il medley di cover "Silent Hedges/Double Dare" dei gothic rockers inglesi Bauhaus comunque personalissimo e delizioso) imprescindibili per tutti coloro che amano un certo modo di intendere Power nella sua accezione più marcatamente progressiva. Dal primo riff di ''Optimist Or Pessimist'' il chiaro intento della band è quello di rendere il proprio sound più cupo e ipnotizzante senza per questo perdere nulla in fatto di violenza sonora raggiungendo traguardi obiettivamente insperati (almeno fin ad allora) che faranno scuola ad una miriade di gruppetti nati in epoche successive. Tutto ciò appare chiaro in ''Matricide'' con il suo susseguirsi di passaggi aggressivi e atmosfere delicate mentre Warrel Dane si cala nei panni dell'attore con una interpretazione degna del miglior Kirk Douglas nel gridare il suo dolore difronte alle assurdità che l'uomo compie nei confronti della nostra prima madre: La Terra. Nonostante le critiche dell'epoca per il loro suono definito troppo moderno (ma, è risaputo, per qualcuno  il metal sono solo i Manowar e i loro guerrieri), questi ragazzi hanno sviluppato un certo talento per la perfetta fusione tra complessità strumentale e songwriting accattivante accompagnato da testi che definire evocativi è sminuirne il valore (la grandiosa title-track rende pienamente l'idea di cosa sto affermando).

Ricordato che alle chitarre ci sono la promessa Jeff Loomis (chiaramente per l'epoca ora è semplicemente uno dei più rispettabili axeman esistenti) in splendida forma e Pat O'Brien (di lì a poco nei Cannibal Corpse), dietro le pelli un magnifico Van Williams e al basso il co-fondatore Jim Sheppard (sempre inconfondibile il suo tocco), volevo spendere ancora alcune parole per l'ultima canzone ''The Sorrowed Man'': quanti gruppi si possono permettere di concludere un lavoro Heavy Metal in generale con una ballad? Io credo pochissimi e questo vi dimostra ancor di più della grandezza di una band che, voglio ricordarlo, alla vigilia di questo EP era semi-sconosciuta.

I Nevermore, come sapete, negli anni a venire hanno pubblicato capolavori immancabili nelle discografie di ognuno di noi ma vorrei incoraggiare chiunque legga queste righe a fare suo questo "In Memory" senza alcun indugio per capire da dove questi geni sono partiti, e, soprattutto, per dimostrare come, a volte, 5 canzoni possano valere più di un intera discografia.

Carico i commenti...  con calma