Così diceva: “To die, to sleep, maybe to dream…

Quel “Concerto grosso” che venne pubblicato tre anni prima nella sua evocativa cover nero-violacea segnò una pagina importante nel panorama musicale italico, sancendo ancor più il connubio rock-sinfonia classica. A tutt’oggi rimane il più noto ellepì dei new Trolls, nonché uno dei più limpidi lavori progressive nostrani.

La formula in tre atti accompagnata da riempitivi di qualità si rilevò insomma azzeccata, tanto che, “assoldato” ancora una volta il prode compositore Luis Enriquez Bacalov, il gruppo genovese decide di gettarsi nella realizzazione di un’improbabile seguito per quel capolavoro. I quattro veterani del primo capitolo (Vittorio De Scalzi, Nico Di Palo, Gianni Belleno, Giorgio D'Adamo) con un nuovo chitarrista, Ricky Belloni, si gettano in sala d’incisione: l’impegno c’è, ma la magia non sarà facile da ricreare.

Nel 1974 viene dato alle stampe quest’opera, nominata semplicemente “Concerto grosso n. 2”.
Il “1° tempo: vivace”, consueta apertura strumentale, parte con un famoso tema tastieristico, invero riuscito: fa sperare bene, anche per l’ottimo apporto degli archi. Coi minuti, però, il brano sembra perdere un po’ il filo, arroccandosi sulle percussioni e sui fraseggi della chitarra di Di Palo, fino a sfumare stancamente nel silenzio ed introdurre il delicato e francamente bello
2° tempo: andante (Most Dear Lady)”, dolce e melodica canzone caratterizzata dai celebri cori in falsetto tipici di questi bravi musicisti: molto belle ancora le aperture di archi e chitarra. A mio parere è l’episodio più rilevante del secondo concerto; concerto che termina più che degnamente con il
3° tempo: moderato (Fare Well You Dove)”. A seguito di un’ intro in falsetto, un efficace giro di chitarra accompagnato dagli effetti tastieristici introduce in uno strumentale evocativo in cui si intrecciano le trame dei violini e delle tastiere, cuciti magistralmente dalla sezione ritmica. Emerge ancora il giro di chitarra e poi il coro in falsetto, che sfuma infine nella ripresa del primo tempo.

Poi, c’è il resto dell’ellepì. L’espressione che ho usato è bruttissima, perdonate, ma tant’è: del resto, che fossero dei riempitivi fu chiaro a tutti già dal primo capitolo. In questo caso abbiamo 5 canzoni (più una fantomatica "Vento o cent'anni", evidentamente esclusa dalla rimasterizzazione: accetto lumi in proposito), di cui tre di spessore limitato ed anticipazioni della consueta deriva pop, brani magari anche belli, ma nulla più: sto parlando della dolce “Vent’anni”, dell’intensa “Bella come mai” e della corale “Let It Be Me”.
Molto bello è invece “Quiet Seas”, dove un’intro in piano accompagna una sofferta interpretazione fino ad uno strumentale orchestrale di grande impatto, che tornerà a farsi sentire nell’ultima, bellissima traccia dell’ellepì: “Le Roi Soleil”. Un crescendo strumentale guidato dalla batteria di Belleno divampa in un fiume tastieristico e quindi in una parte vocale immediatamente doppiata dai bellissimi cori in falsetto; segue una sezione centrale di puro delirio (ove tra gemiti acutissimi vengono citati in ordine sparso Richelieu, Cyrano de Bergerac, lo champagne, e via discorrendo) che, come qualcuno ha fatto notare (ma la cosa non passa inosservata), può ricordare i Queen di “Bohemien Rhapsody”. Infine, chiude il brano il maestoso tema musicale già ascoltato in “Quiet Seas”. Notevole, davvero notevole.

Questo è quanto: tornando ai concerti veri e propri, il numero 2, per quanto di qualità, nel suo insieme non riesce ad emozionare come il predecessore, in cui l’ispirazione di Bacalov e della band raggiunse l’apice. Forse è solo una mia impressione, ma già il fatto di dotare i singoli movimenti di titoli propri è indice di una disomogeneità di fondo che non s’avvertiva in precedenza (effettivamente a mio avviso “Most Dear Lady” è piuttosto slegata dalle altre due parti).
Rimane comunque un lavoro piacevole, seppur inferiore alle intenzioni che cotanta opera s’era prefissata: non da elogiare più del dovuto, ma sicuramente non da bocciare in canna, per la presenza di almeno due ottimi brani. Ed in ogni caso ve lo dovete beccare con il predecessore, visto che ormai si vendono insieme, i concertigrossi. Ed è un bene.

Dedicata al mio adorato troll di famiglia

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