I Nexus sono uno semisconosciuto gruppo italo-francese che pratica un crossover molto vario e originale, un vero azzardo, se consideriamo le tendenze del momento, e comunque un progetto molto gradito e coraggioso. L'esordio avviene con l'EP "No Title" dove già era evidente questa voglia di osare e dopo 4 anni esce questa anomala e singolare seconda opera, che comprende  una quantità di generi che spaziano dal hard rock al hip hop, dal funk al prog, dall'industrial al jazz e molto altro. Da queste premesse si potrebbe supporre che si tratti di un pasticcio senza capo né coda, un lavoro disomogeneo: invece il risultato è riuscitissimo, sofisticato al punto giusto, senza strafare, ricco di contaminazioni aggressive che si uniformano armoniosamente in un album che difficilmente si può collocare in qualsiasi tipologia musicale.

L'ottima e incalzante "Claustrophobic Box" apre il cd con un riff durissimo, per poi sfociare in un trip-hop logorroico, solo apparentemente addolcito dalla lingua  francese, scandito da un basso incisivo. Si prosegue col funk nevrotico di "Plastic Dodge" dai suoni allucinati, poi la strumentale "Ira" che si presenta come un felice intermezzo psycho-hard rock . "Doric Diorama" contrappone la bella voce delicata e rilassante dell'italiana Marilina Vanni a un sound ossessivo e ipnotico tipicamente dark/industrial, dove la batteria è ai massimi livelli, mentre con la seguente "Prolix Drifting Vagina" i toni si addolciscono, facendosi morbidamente jazzati. Un' illusoria introduzione hip hop si  trasforma in una raffinata e sognante atmosfera prog-jazz fusion, in cui un magnifico sax accompagna l'eccellente prova vocale femminile con un sottofondo di chitarra sommesso e discreto. L' influenza vagamente progressive del pezzo precedente si fa molto più marcata nella strumentale "Plaster Caster Addiction", in cui i Nexus si rifanno all'art rock dei King Crimson. "Cranky Diseased Man" è un nevrotico rap ritmatissimo, fuso a un efficace hard rock dai toni decisi e piacevolmente caratterizzato da una chitarra alla Jimmy Page veramente notevole. Il free jazz di "In The Entrance Hall", impreziosito da effetti sonori sincopati e dal saxofonista Davide Grottelli, a dir poco eccellente, la sussurrata e rockeggiante seconda parte di "Ira" e la curiosa e breve  performance del batterista "The girl who kept a fly as a pet (part III)", le cui precedenti parti intervallavano i vari brani, chiudono in bellezza questo sorprendente "Odynephobia Conversion".

In conclusione, questi Nexus convincono, il livello tecnico è alto, la creatività e la voglia di provocare e stupire, a scapito delle vendite, è senz'altro presente e inoltre soddisfano in pieno svariati gusti musicali, accontentando un po' tutti e appagando l'ascoltatore più esigente.  La noia e la ripetitività non albergano qui e pur non definendolo un album innovativo in senso stretto, tuttavia, lo considero sufficientemente all'avanguardia per poter  diventare, mi auguro, ispiratore di nuove idee, di cui, specialmente in Italia, se ne sente il bisogno da tempo.

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