Non è semplice registrare un disco.

Non tutti possono farlo, non a tutti è concesso questo privilegio. Non è una cosa che puoi decidere, pianificare, alla quale puoi dedicarti a tempo perso. Ci puoi provare, è chiaro, e per un po’ di tempo puoi anche crederci, ma alla fine è inevitabile: ti renderai conto che creare della musica non è semplice.

Questo è quello che fanno i Niagara. Plasmano un prodotto artistico che se ne frega totalmente di qualunque schema di mercato e punta dritto alla ricerca di un’identità ben specifica. L’unico elemento essenziale al quale ogni gruppo dovrebbe ambire oggigiorno.

E’ il lavoro più difficile, da un certo punto di vista, dare incisività alla propria opera. Ricreare in maniera maniacale dei suoni, dei movimenti, nei quali ogni canzone deve poter convergere. Dei climax e dei respiri emozionali.

Tutto era partito quasi per scherzo da Otto (Monotreme Records, 2013), album bellissimo, che però portava ancora con sé le reminescenze dei progetti precedenti e le innumerevoli influenze musicali; inevitabile.

Con il terzo lavoro, il duo torinese (trio nei live, con l’aggiunta di Paolo Scapazzoni alla batteria) raggiunge la piena consapevolezza dei propri mezzi. Sanno dove vogliono arrivare, verso quale direzione portare la propria musica e soprattutto sanno come ottenerlo.

Le ritmiche sono assolutamente fuori di testa e talvolta mutano drasticamente a metà canzone (ascolta “Roger Water” per farti un’idea). Le voci sono curate ai massimi livelli, anche di più dei dischi precedenti.

Tema ricorrente è chiaramente l’acqua, quella di un pianeta immaginario ricreato in 3D da Cy Tone per il video della title track. E alcuni suoni sono stati direttamente registrati e campionati in ambiente acquatico, grazie all’utilizzo di una particolare strumentazione subacquea.

“Firefly” è un viaggio senza tempo, un sintetizzatore analogico per esplorare il buio vicino alle porte di Tannhäuser. “Solar Valley” sembra un motore inceppato che pian piano inizia ad ingranare, portandosi via ogni stella e pianeta dell’Universo, come un buco nero senza fine. Con “Twin Horizon” e “Alfa 11” forma una chiusura dell’album da brividi.

Uno dei pochi gruppi elettronici che ancora suonano sul palco, nell’epoca del “famo dj set che risparmiamo tempo e denaro”.

Vedo i Niagara come il gruppo più innovativo che abbiamo attualmente in Italia, un bene culturale da esportazione e mi chiedo, perché non c’è più la curiosità di ascoltare qualcosa di nuovo? Perché siamo rimasti in così pochi? Io che scrivo, te che leggi, cosa è successo?

Non un disco per tutti, ma per coloro che sapranno farsi rapire, la traversata sarà indimenticabile.

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