Si può essere sempre diversi senza mai tradire la propria essenza e la propria personalità? Aver toccato il fondo tante volte da poter giocare con la vita e la propria arte fino a rinnovarla continuamente?
A quanto pare si!
L’avevamo capito già dal purgatorio di “No More Shall We Part” e dall’aria fresca che a tratti si respirava in “Nocturama”. In questo caso il titolo era un po’ ingannevole, Nick Cave e i suoi Bad Seeds erano già in mezzo ad un intenso processo di rinnovamento, stavano già rinascendo e caricando le energie per un ennesimo colpo di coda, per un nuovo capolavoro di classe, gusto, ricerca e poesia.
Questo disco è irresistibile e commovente già da quella copertina in tessuto un po’ naif. Gli inquietanti fiori rosso sangue di “No More Shall We Part” lasciano spazio a fiori primaverili e ad un intenso cielo azzurro.
Due sono i dischi all’interno: dove l’uno apre un discorso l’altro lo finisce e lo completa.
Se “Abattoir Blues” può sembrare a tratti un po’ disomogeneo e strampalato “The Lyre of Orpheus” raggiunge momenti altissimi di compattezza e perfezione. L’energica e positiva “Get Ready for Love” apre “Abattoir Blues” per portarci fino a “Messiah Ward” e al fascino retrò di “There She Goes, My Beautiful World” o di nuovo all’entusiasmo di “Nature Boy”.
Sempre si respira aria nuova nei cori che inseguono la voce di Nick Cave, non parliamo di gioia, sarebbe troppo, i testi come sempre superano i limiti dell’introspezione ma è l’ampiezza che si respira che fa parlare di un totale rinnovamento, fuori, completamente, dalla claustrofobia di molti lavori precedenti.
È “The Lyre of Orpheus” che rende però questo disco un lavoro meraviglioso. Sono quelle cinque perle che vanno da “Easy Money” a “Chlidren” così compatte e unite da un filo quasi impercettibile ma presente. Il piano diventa più energico e la sinergia di tutti gli altri strumenti violino, mandolino, bouzouki, flauto o organo dei suoi fedeli Bad Seeds è meravigliosa e l'assenza del mitico Blixa sembra quasi passare in secondo piano.
Nick Cave apre la dolce ballata “Easy Money” con il suo piano e la voce calda per arrivare alla spagnoleggiante “Supernaturally” una bomba sicuramente dal vivo, non si può fare a meno, ascoltandola, di immaginare Nick Cave che corre da una parte all’altra del palco con il suo passo elastico e deciso. L’adagio di “Spell” e di nuovo la complessità si “Carry Me” non finiscono di lasciare senza fiato. “O Children” è un po’ triste e nostalgica, chiude il cerchio, mette un punto lascia forse intuire che il prossimo lavoro sarà ancora diverso perché il percorso di Nick Cave sembra infinito e pronto a riservarci ancora molte sorprese.
Carico i commenti... con calma