"To our love send a dozen white lilies
To our love send a coffin of wood
To our love send back all the letters
To our love a Valentine of blood..."
("People ain't no good")

Mi sono spesso chiesta quale potesse essere la colonna sonora adatta per la fine di un amore. L'accompagnamento musicale ideale per sottolineare la morte di un sentimento.
Poteva forse essere un disco che si aveva ascoltato insieme all'oggetto del desiderio in questione, e che avrebbe riportato masochisticamente alla luce, i ricordi, le notti appassionate quando ci si diceva "per sempre"? Oppure qualcosa di meno profondo ma sentimentale, un disco con alcuni brani chiave scatena lacrimuccia, ascoltati in momenti particolarmente bui del processo di chiusura? Ma tant'è, i Moving Sidewalks sono già stati recensiti e All By Myself non è esattamente quello che ascolto. Quando mi sono ritrovata sola, nella mia camera sempre in disordine, ho scelto un album "neutro" (per i ricordi, non le sensazioni), che riassumesse le emozioni e i sentimenti che purtroppo mi pervadono, ma su cui non ho alcun controllo.
Tutto è già stato deciso. Per ignoranza, per poca sensibilità, per noia, o forse semplicemente per nuova gnocca. Selavì, come direbbe qualcuno dei più cinici qua dentro, me inclusa, quindi l'unica cosa che mi resta è questo relitto alla deriva a cui mi sono aggrappata.

The boatman's call, stranamente, è uno dei pochi album di Cave a non essere stato ancora recensito su de-b, e a parere di non fanatica del Re Inchiostro, senz'altro il mio preferito, uno dei più intimi, dei più delicati e amari, una storia d'amore, la sua fine, la ricerca di un Dio che riesca a placare la sofferenza per la perdita di ciò che sembrava assoluto, infinito, speciale. Per ciò che inevitabilmente muore, ma che spesso siamo noi a far morire prematuramente, per pigrizia o poca voglia, perchè siamo figli di un mondo usa e getta, che ci insegna a calpestare i valori più primitivi, ad arrenderci al primo ostacolo, a non combattere più per le cose belle che ci capitano a tiro.
The boatman's call è l'album successivo alle Murder Ballads, dove la rabbia e la follia, si mischiavano alla cultura più tradizionale dei cantastorie. E' un album terapeutico e introspettivo per Cave che, dopo un divorzio e innumerevoli vicissitudini personali e artistiche, si ritrova a meditare profondamente sul significato dei concetti più puri eppure tanto complessi: amore, morte, fede, razionalità, odio. "Non credo negli angeli ma se ci credessi chiederei loro di vegliare sempre su di te" ("Into my arms")

E' un continuo porsi domande, mettersi in discussione, non aver paura di guardarsi dentro e ammettere le proprie debolezze, di uomo, di padre ("Far from me"), di disgraziato e comune mortale come tutti. E' domandarsi se pigrizia e ignoranza ci hanno portato ad essere senza bandiere, senza principi. Dio ci ha dimenticati e noi abbiamo dimenticato lui ("Where do we go now but nowhere"). La bellezza dei brani, il loro ibrido di dolcezza e amarezza è stato spesso mio compagnio di queste sere malinconia. Mi ha fatto sentire meno sola, meno stupida. Perchè soffriamo tutti e ognuno di noi soffre per qualcosa che per gli altri non è così importante. Siamo concentrati nel nostro dolore, nel nostro sentirci "unici" grazie a questo dolore. E al contempo, nella nostra fragilità riusciamo ad essere devastanti, a fare del male immenso a chi ci vuol bene, ovviamente preferiamo uccidere che essere uccisi, spesso adottiamo la cattiveria per cercare di sopravvivere al dolore. Amore e morte, che sempre sono andati insieme e che sempre più si confondono l'un con l'altra.
The boatman's call è questo, il resoconto di un uomo che tira le somme della prima metà della sua vita, il suo ruolo nella società, meglio ancora nell'universo, il sentirsi immensamente piccoli ma pesanti di sofferenza, di amore mal donato, a se stessi e agli altri.

"So hold me and hold me, don't tell me your name
This morning will be wiser than this evening is
Then leave me to my enemied dreams
And be quiet as you leave, Miss..."

R.I.P. VV

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