Probabilmente trafugate dalle mura domestiche di casa Drake poco dopo la morte di Nick, queste 18 canzoni - tra le quale 10 autografe 5 cover e 3 tradizionali - non mancano di suscitare al termine dell'ascolto un amaro sentimento di lieve vergogna, come di colui il quale viene scoperto a rubare un segreto - di un'intimità agghiacciante - gelosamente custodito dietro il sipario di una vita dolorosa. E la qualità, appena sufficiente, delle registrazioni peggiora ancora le cose - insomma questo dischetto tanto struggente e tanto agognato è resistito nel mio lettore meno di quanto accadde per "Sketches For My Sweetheart The Drunk" o, peggio ancora, delle nefandezze operate successivamente da madre M. Gibert (arghh!).

Povero Nick, e d'altronde come scindere l'ascolto della sua musica dalla sua parabola di uomo tra gli uomini, prima, e d'anima immersa nel deserto della vita poi. Cosa che - ahimè - mai mi è riuscita e così fu che, prima d'innamorarmi (dell'immenso) artista io m'innamorai dell'uomo, e poi feci mio l'artista. "Ffo - For fans only" - sembra abbaiare il cane in copertina, e d'altronde come biasimarlo? Le note di copertina parlano di queste come la testimonianza del tenero tentativo di Drake di convincere la madre a lasciargli suonare quella chitarrina scordata comprata per 13 dollari, lei, che aveva tanto desiderato che il suo Nick prendesse lezioni di piano. "Mamma, guarda, so suonare, lasciami suonare, lasciami suonare per te", la preghiera è cosi dolce in quell'attimo - è così triste ora che tutto è caduto e si è distrutto, ora che la mia anima soffia sulla cenere che brucia nella speranza di ravvivare qualche tizzone ancora acceso.

Io non so se la voce così lontana, a tratti irriconoscibile, del giovanissimo Drake, mi servirà a ravvivare gli ultimi desideri bramosi del feticista morboso che scorre nelle mie vene ma so - di certo - che il giorno del mio ventisettesimo compleanno io ero felice, felice di essere ancora vivo e so che aspettai quel giorno con un'ansia insopportabile. Ma io ero ancora lì, il giorno era andato, ero sopravvissuto ai miei demoni interiori e "Fruit tree" era ancora lì a girare nel mio lettore.
Mi mancherà la triste esuberanza di quei giorni, e dei giorni in cui timidamente lo scoprii e lo feci lentamente mio. E la gioia che provai quando terminai "Il mito di Sisifo" di Camus, che resistette sul mio comodino più di quanto resistette su quello del mio eroe.
Mi rimangono - ora - queste 18 canzoni, leggere e ingenue come possono esserle solo quelle di un ragazzo ventenne che pieno di speranza invoca alla madre un sorriso. Tra queste, per obbligo di critica, una "Don't think twice, it's alright" di Bob Dylan (languida e struggente), "Summertime" di Gershwin irriconoscibile e la perla "Rain", meritevole di futura pubblicazione, ma stranamente lasciata lì nel cassetto, o forse, solo così personale da essere rimasta un dono per quella madre che, ci piace immaginare, concluse l'ascolto con un sorriso.
E la nostra prima vergogna si fa ancora un pò più amara.

Carico i commenti...  con calma