Solo Dio Perdona è un film estremo.

Lunghi sguardi persi nel vuoto. Silenzi interminabili. Un rosso irreale che permea un'atmosfera dormiente, ma sempre tesa come una corda di violino.

Estremo nelle sue esplosioni di violenza, che arrivano dopo lunghe attese, più potenti che mai.

L'ultimo lavoro di Nicolas Winding Refn è formalmente perfetto ed è capace di parlare senza parole, di tramortire con la potenza delle immagini, di stordire con suoni e musiche studiate in ogni minimo dettaglio. Quello del regista danese è un cinema totale, un cibo pregiatissimo capace di saziare ogni percezione. Solo Dio Perdona  è l'apoteosi di tutto ciò che l'occhialuto cineasta ci aveva mostrato in precedenza: gli sguardi intimi e ravvicinati di Drive ora sono sguardi distanti e persi nel vuoto, ma mai così vicini. I personaggi si fissano tra loro in luoghi e tempi diversi, ma sembrano a pochi centimetri l'uno dall'altro. La composizione delle scenografie di Bronson, sfarzosa come l'ultimo Kubrick, assume ora una valenza simbolica, ogni fotogramma di quest'opera è un dipinto pregiato. La violenza primordiale di Valhalla Rising, qui diventa distruzione pura. Punizione. Una crudezza animalesca continuamente sottolineata dal colore rosso.

Un film a luci rosse.

Un film in bianco e rosso.

Gli attori fanno il minimo sindacaleRyan Gosling è una statua meravigliosa (perché non parli? Cit.), modellata come creta per la funzionalità di ogni inquadratura; Kristin Scott Thomas è una madre morbosa e cinica, splendida nella sua ambiguità; ma è Vithaya Pansringarm il vero mattatore dell'opera, la personificazione stessa della punizione, una legge del taglione vivente, protagonista di siparietti musicali quasi surreali.

Personaggi sempre immobili, immortalati in tutto il loro essere, talmente lenti e cadenzati da rendere le poche scene di azione di un'efficacia devastante.

Un film di vendetta.

Una vendetta sbagliata, che lo stesso Julian (Gosling) non approva, nonostante sia obbligato ad uccidere per placare la sete malata di una madre castratrice. 

Il trucchetto "stasi interminabile/azione" vale anche per i dialoghi: pochi, asciutti e spesso sottotitolati, che improvvisamente sfociano in un dialogo tarantiniano del tutto fuori contesto, in modo da risultare più incisivo e incredibilmente divertente (ho fatto fatica a trattenere le risate per almeno 5 minuti).

E già che ho tirato in ballo Quentin, aggiungo che in questo film è presente una scena di tortura che fa letteralmente impallidire quella storica de Le Iene.

Concludo dicendo che per me questo è il capolavoro di Refn. Magari meno originale nella forma rispetto ai suoi lavori precedenti, ma assolutamente perfetto. Tirar fuori un'opera del genere dopo Drive, era come scalare il monte Everest in mutande, fumando 5 sigarette (senza filtro) contemporaneamente.

Nicolas ci è riuscito.

Questo è cinema assoluto.

 

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