Ci sono alcuni principi in cui non mi riconosco.

Questo vale su di un piano puramente razionale, che d'altronde - va detto - non sempre va di pari passo con quello emotivo, causando complicazioni e discordanze che sono tipiche della natura umana.

Ci sono ad ogni modo determinati condizionamenti culturali che definisco come 'storicizzati' nella formazione culturale di ogni individuo o comunque della maggioranza degli individui, comportano l'assunzione di quelli che sono comportamenti tipici basati su principi morali frutto di una visione del mondo e delle cose completamente alterata.

Penso all'onore oppure l'orgoglio.

L'esempio più tipico che mi viene in mente è il quello classico del Capitano del Titanic.

Edward John Smith.

Le sue responsabilità sull'incidente che comportò la collisione del Titanic con un iceberg e la conseguente tragedia per la verità non mi sono ben chiare.

In realtà sembra che queste siano meno rilevanti di come poi gli eventi sono passati alla storia.

Anche se è innegabile che a fronte di un evento di questo tipo, se c'è qualcuno che debba assumersi le responsabilità dell'accaduto, questo fosse lui.

Perché è questo che secondo ordini di responsabilità prevede il ruolo del capitano.

La leggenda vuole che Edward John Smith avesse una fede incrollabile nella inaffondabilità del Titanic.

Era un uomo che più che credere in se stesso, credeva nell'uomo e in quello che l'uomo era riuscito a fare.

Sempre la stessa leggenda ce lo rappresenta dritto in plancia in alta uniforme mentre aspetta l'arrivo della fine inevitabile.

Come dire: meglio morire dando fede alle proprie idee e al proprio pensiero che continuare a vivere nel difficoltoso processo di mettere tutto questo in discussione.

In fondo è questo quello che fa più paura. Più che dovere assumersi le giuste proprie responsabilità per l'accaduto.

Questo film del 2012 di Niki Stein racconta gli ultimi sette mesi di vita del generale feldmaresciallo Erwin Johannes Eugenio Rommel.

Nato a Heidenheim nel 1891, Rommel aveva prestato servizio presso l'esercito tedesco con il grado di tenente già durante la prima guerra mondiale.

Ma fu durante il secondo conflitto che la sua figura divenne in qualche maniera così rilevante da farlo passare alla storia.

Distintosi nella Campagna di Francia nel 1940, Rommel fu poi impegnato in Africa dove fino al 1943 inflisse una serie di sconfitte alle truppe britanniche guadagnandosi il soprannome di 'volpe del deserto'.

Rientrato in patria sconfitto nel 1943, la sua fama in patria e presso l'esercito rimase pressoché inalterata, questo anche grazie alle strumentalizzazioni propagandistiche di Goebbels, che ne fece uno degli eroi, il più grande eroe e soldato della Germania nazista.

Nel 1944 in previsione di quello che sarebbe stato lo sbarco in Normandia, Adolf Hitler in persona gli conferì l'incarico del comando delle difese del Vallo Atlantico.

Ma la guerra oramai volgeva al termine.

Sul fronte orientale la Germania veniva bloccata dai russi e Rommel presto si renderà conto della in possibilità di difendere la Francia dall'offensiva delle truppe anglo-americane che di fatto, dopo essere sbarcate, guadagneranno posizione su posizione.

A questo punto, secondo le ricostruzioni del film, Rommel sarebbe stato chiamato in causa da parte di un gruppo di cospiratori, quelli che prenderanno poi parte alla cosiddetta 'Operazione Valchiria' ed all'attentato al Fuhrer.

Questi avrebbero voluto l'appoggio e il sostegno di Rommel, la cui popolarità era tale da poter mettere in discussione anche la figura di Hitler, in modo tale da poter rovesciare il potere dei nazisti e trattare la pace con gli Anglo-americani.

Sebbene convinto della impossibilità di vincere la guerra e apparentemente inorridito a causa degli aspetti più brutali del regime nazista, Rommel considera se stesso primariamente un soldato e un servitore della 'patria'.

È inoltre mosso da un certo sentimento di rivalsa dopo la sconfitta in Nord Africa.

Saranno queste ragioni a frenarlo dal prendere parte alla cospirazione. Ma allo stesso tempo la sua coscienza gli impedirà di denunciare i fatti al Fuhrer.

Ma all'indomani dell'attentato, causa anche dei dissapori avuto con Hitler cui Rommel aveva comunque paventato a un certo punto la inevitabile sconfitta e la necessità di cercare una soluzione 'politica', egli finirà inevitabilmente travolto dallo svolgersi degli eventi e dovrà pagare con la vita l'essere stato in qualche maniera fedele più che a se stesso, a quella che era un'idea di se stesso.

Quella del film è una ricostruzione imparziale degli eventi.

Il film si focalizza sulla figura di Rommel come generale e uomo d'armi, così come è ricordato dalla storia, che lo vuole rispettato (oltre che temuto) oltre che dai suoi uomini, anche dagli avversari.

Il ritratto che ne esce fuori è apparentemente positivo. Quello di un uomo tutto d'un pezzo e che pure innanzi all'evidenza, continua a fare quello che ritiene essere il suo dovere.

Ma quanto può una simile rappresentazione essere invero positiva?

Parliamo di un soldato, anzi di in generale, e pure essendo in ogni caso contro la guerra, non lascerò che il mio giudizio sia condizionato da questa mia posizione ideologica.

Il punto è stabilire fino a che punto un uomo deve perseverare nelle proprie convinzioni o in quelle che possono essere le sue aspirazioni, anche quando queste sono evidentemente più che sbagliate, in qualche maniera dannose.

In primo luogo per se stesso.

Oltre che cozzare con quella che è la realtà dei fatti e che esula dal suo 'compito'.

'Rommel' è un film storico. Racconta dei fatti e non si propone di giudicare il generale feldmaresciallo.

La storia lo ricorda in qualche maniera comunque positivamente, nonostante fosse tedesco (quindi nazista) per le sue abilità nel comando e il suo essere un soldato rispettato e rispettoso nei confronti dei suoi uomini e degli avversari.

Io lo vedo come un uomo che nella sua evidente grandezza, fu comunque incapace di andare oltre questa e alla fine costrettosi a una fine secondo un 'codice' che egli stesso aveva eletto a sua fede personale, ma che nessuno se non se stesso, avrebbe invero potuto rinnegare e per il semplice fatto che quello, questo codice, era evidentemente sbagliato.

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