Confesso la mia paura iniziale nell'accostarmi alla nuova fatica dei Nile, dopo le forti delusioni degli ultimi due album ("Ithyphallic" in particolare). Avevo frettolosamente marchiato la loro vena creativa esaurita e la capacità di rinnovarsi morta con il maestoso "In Their Darkened Shrines" del 2002, e mi aspettavo molto poco perciò da questo "Those Whom The Gods Detest": ero pronto ad ascoltare al più colate di riffs fini a se stesse, blast-beats tanto furiosi quanto inutili, una spruzzata di ambient egizio becero sulla scia dei lavori solisti di Karl Sanders, e insomma tanto ma tanto brutto manierismo.
Adesso però è giusto ch'io faccia ammenda, nonostante le ferite siano ancora aperte e pustolose, per avvisare l'incauto ascoltatore di non ripetere il mio errore: ho pagato davvero a caro prezzo già dal primo ascolto, quando poco meno di un'ora dopo aver premuto il tasto "play" mi sono ritrovato a terra carponi con la schiena frantumata, gli occhi roteati all'indietro, la bava alla bocca, e la gambina destra che tremava compulsivamente; incapace di trascinarmi fino allo stereo per premere ancora il tastino magico.
Giacchè quest'album è un viaggio allucinante e ipnotico che cattura ed ammalia sin dalle prime note e che alla fine vorrete -ahivoi- ripetere; una discesa nelle visioni più oscure e cattive di un Karl Sanders più ferale che mai ma anche finalmente maturo dal punto di vista compositivo e conscio delle proprie capacità espressive. Ottimo (ma chi poteva dubitarne?) il lavoro del collega di ascia e voce Dallas Toler e del batterista greco George Kollias; proprio a proposito di quest'ultimo anzi avevo nutrito più di qualche dubbio, da quando avevo letto che la distanza geografica che lo separa dagli altri gli imponeva di ricorrere più del dovuto alla batteria triggerata e che molte di quelle parti registrate ad Atene in questo modo erano finite tali e quali sull'album. Anche quì mi sbagliavo, poichè il risultato finale non è banale o posticcio, ma contribuisce ad accrescere il mood orrorifico e distante dell'album. Merito anche della co-produzione proprio per le pelli di Erik Rutan (Hate Eternal, già Morbid Angel, eddai...) e Neil Kernon sull'intero prodotto. Ancora, altra menzione di merito a un concept come sempre accattivante (stavolta si parla dei seguaci della "faraonessa" Akhenaten che provò a promuovere una riforma religiosa), e ad un artwork curatissimo.
E' difficile descrivere una singola traccia sulle altre, infatti non lo farò. Non me ne vogliate, chi conosce i Nile migliori sa già cosa aspettarsi...ecco, vi dico però che in "Those Whom Gods Detest" niente sarà mai adeguato alle vostre aspettative ma molto...molto di più! Lo standard qualitativo resta elevatissimo per tutti i 56 minuti, non si fa in tempo a tirare il fiato se non per pochi drammatici secondi e subito si è spazzati da bordate di riffs e armonie stavolta "orientaleggianti" a 360 gradi. Sembra di ritrovarsi nel deserto in un lungo esodo dal'Egitto alla Libia, ma le derive "ambient" sono per fortuna scarnificate, a favore forse di una inaspettata apertura melodica (voce inclusa!) in alcuni brani che se da un lato farà indignare i fans più oltranzisti, dall'altro denota senz'altro coraggio da parte del gruppo e voglia di sperimentare strade nuove.
Un album pieno di sorprese e gradevolissimo allora, non il loro lavoro migliore a parere del sottoscritto ma senza ombra di dubbio il più maturo (per questo il mio voto è 5/5) e un'ottima fotografia dello stato di salute del death-metal sul finire di questo primo scorcio di millennio. Questo è quanto.
R.I.P.
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