Un "hammada" o "hamada" (in arabo hammada da hamid che significa morte, senza vita, estinto) è un tipo di deserto con aree cosistenti in terreni aridi, brulli, altopiani rocciosi e con presenza di pietrisco dalle forme aguzze. (Da Wikipedia, l'enciclopedia libera)

A parere di chi scrive "Hamada" (2009) è anche il disco più bello di Nils Petter Molvaer, trombettista norvegese che, oltre a vantare numerose collaborazioni (da Gary Peacock a David Sylvian e Bill Laswell), ha all'attivo ormai diverse opere soliste incluse colonne sonore.

Considerato uno dei maestri del nu jazz, in questo album Molvaer manda però a casa Dj e ritmi techno ruffiani per puntare ancora sull'electro, si, ma in maniera molto meno pacchiana e quindi più raffinata che in passato Il tappeto sonoro è molto più "suonato" grazie alla chitarra di Elvind Aarset, il basso di Audun Erlien e l'ottimo lavoro di Audun Kleive e Jon Bang rispettivamente batteria e sampling.

"Hamada" è ambient, è musica liquida, creata per ossigenare la mente, per attraversare il deserto che ci circonda dentro e fuori, per restare immobili di fronte alla bellezza di un istante, è fatta per vivere o tornare a vivere. Tra solitudine, suggestioni world (ma solo accennate), e caos primordiale ("Friction" e "Cruel Altitude", bellissime).

Mi sa che al vecchio Miles questa roba qua piacerebbe parecchio...

Voto: 4,5  

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