Ok, ho toppato. Maledetta la furia e la voglia di battere tasti prima di ascoltare, ma ho la possibilità di redimermi con la mia personale "trilogia di Trent Reznor" con questa recensione di The Fragile, doppio album dei suoi Nine Inch Nails, monumentale e tappa importante per tutte le nostre esistenze. Avevo scritto che questo disco era troppo tributario verso le atmosfere e gli arrangiamenti di The Downward Spiral, tanto da preferirgli Year Zero. Sbagliavo. YZ rimane una splendida opera, ma che non riesce a raggiungere le vette di questo meraviglioso specchio incrinato, capolavoro più emozionale che tecnico, ma che con tutti i suoi difetti si può legittimamente definire come la vetta più alta toccata dall'artista, ovviamente tenendo fuori Spiral, che rimane spaparanzato nel suo olimpo.
Questo è uno degli aspetti che ha ridimensionato inizialmente la mia valutazione di questo doppio album infinito, interminabile, complesso da metabolizzare e ricolmo di inquietudini e tormenti, ma che non sembra pienamente in grado di gestire le smisurate ambizioni. 23 brani sono un numero esagerato, e mantenere una coerenza qualitativa praticamente impossibile o quasi, però rispetto a TDW mi ha indispettito fin dall'inizio la sporcizia non molto intenzionale delle composizioni, il mixing strano che non sempre rende giustizia alla voce di Reznor. Non ho idea se l'intenzione fosse quella di proporre un lavoro più viscerale rispetto all'elaborazione chirurgica del disco precedente, una strana via di mezzo tra il raw footage e l'elaborazione asettica, tra l'organico delle chitarre al gelo dell'elettronica, ma comunque la sensazione sembra vertere più verso l'approssimazione. Il disco è uscito dopo cinque anni, quindi il tempo certo non mancava per apportare utili rifiniture, forse sarebbe stato meglio più corto ma "di cesello". Ovviamente parlo di valore tecnico e non artistico. Il secondo problema è, come detto, lo stretto grado di parentela con lo stile di The Downward Spiral, di cui il disco sembra a tratti un sequel espanso, per fortuna, SEMBRA. Ma non è solo una sensazione. Palese il richiamo di Into the Void a Closer, dalla bassline alla ritimica dance, forse più nel tentativo di inanellare un nuovo singolo di successo con quel timbro. Però il brano non ha un refrain altrettanto memorabile, anzi diciamo che non ce l'ha proprio. L'unica nota di valore è il richiamo concept della melodia, che verrà ripetuta in altri brani, come La Mer (che ne rappresenta un remix) e We're in this Together, forse il pezzo più bello del disco, con un ritornello potente e disperato, rabbioso e trascinante. E' questo l'aspetto di The Fragile a farsi strada dopo ripetuti ascolti, che ne definisce finalmente l'indole e che rappresenta quindi la prerogativa che appannaggio dei grandi capolavori; una volta buttati alle spalle quei due difetti iniziali è possibile apprezzarne il pieno, indubbio valore.
Il disco soprende anche per l'assoluta abilità compositivia di Reznor, con una chiara vocazione verso sonorità coinvolgenti, quasi filmiche, e l'assoluta imprevedibilità nelle soluzioni adottate. Un esempio è The Day the World Went Away, impossibile capire dove voglia andare a parare dopo il riff di chitarra epico che ne definisce la struttura, di certo non mi aspettavo il coretto da cantare in spiaggia, oppure Just Like You Imagined, brano strumentale con atmosfere sospese tra il jazz, il metal e l'industrial. Altri brani dimostrano invece una grandissima cura nei refrain e i bridge, come la coinvolgente Please, o la minacciosa muraglia di chitarre metal di The Wretched, mentre The Fragile segue regole più convenzionali, quasi a cavallo tra pop e acustica, e un ritornello forse un po' scontato ma praticamente impossibile da non amare. Incredibilmente in tracce come Even Deeper e I'm looking Forward to Joining You e Underneath it all si sperimentano strade quasi compatibili con la EDM. Non tutto scorre sempre come dovrebbe, si parla di un disco praticamente infinito, qualche episodio si rivela meno necessario, ma stupisce la visione di insieme, la creatività e il messaggio che arriva all'ascoltatore, messaggio che aveva ai tempi dell'uscita una valenza diversa (inquietudini da fine millennio), ma che si fa apprezzare ancora oggi. Peccato solo per le sbavature tecniche, ma magari è un probelma mio e l'equilibrio dell'universo è salvo. Un doppio album degno di un posto d'onore accanto alle grandi opere del rock.
Carico i commenti... con calma