Ho voluto attendere qualche mese dall'uscita di questo "Halo 27" dei NIN, prima di azzardarne la recensione. Ho voluto ascoltarlo bene, tante volte. Ho voluto leggere i testi delle canzoni e capirli. Ho voluto ascoltare come suona ogni singolo strumento. Questo cd l'ho voluto masticare, digerire e ruttare. Ho voluto indagare insomma, se Trent Reznor sia veramente finito e venduto al bz come tanti di voi scrivono, oppure no. Alla fine, la mia risposta è NO!

Il mio giudizio è che questo è il più bell'album (cantato) della trilogia anni 2000 dei Nine Inch Nails. La parentesi (cantato) sta a significare che a mio giudizio il migliore resta il quadruplo "GHOST", ma mi rendo perfettamente conto che 36 tracce solo strumentali e puramente elettro-industrial siano una probabile minaccia di orchite per i più. In realtà anche per i miei zebedei in talune situazioni, ma diciamo che separo accuratamente la mia "musica da camera" (in polleggio davanti al pc o mentre leggo un libro) da quella da svago. I NIN hanno da sempre una poltrona d'onore libera per le loro nuove uscite, lassù nell'olimpo dei miei 10 gruppi preferiti. "Ghost" era dunque una sorte di catarsi per Reznor. "Mi avete criticato perchè "With Teeth" era troppo user friendly? Mi avete rotto le palle perchè "Year Zero" era troppo rock? E allora beccatevi 36 canzoni strumentali, con un album praticamento senza lancio commerciale, senza marketing, privo di relativo tour, scaricabile solo a gratis dal mio sito". Album di nicchia per chi è di nicchia insomma. Anche questo "The Slip" è scaricabile gratis dal sito, nel nome di una crociata anti casa discografica che sposo appieno. "The Slip" è, a mio avviso, la summa dei precedenti album del 2000. Ci sono sia pezzi molto (forse troppo) orecchiabili come su "With Teeth"; pezzi molto tirati, quasi hard-core, come su "Year Zero"; ma ci sono pure pezzi strumentali e industrial come su "Ghost I-IV".

Nulla di nuovo sotto il sole in vero, il clichè di Reznor ormi è piuttosto standardizzato, ma è un disco equilibrato e molto ben suonato. Accontenta insomma un pò tutte le anime degl ascoltatori abituali di Trent Reznor e raggiunge vette di giudizio ben superiori ai primi due album citati, e da me ampiamente criticati nelle mie relative recensioni, seppur anch'essi non privi di alcune perle. Quando scrivo una rece per i gruppi storici che più amo, faccio sempre fatica a scacciare dalla mia mente i demoni del paragone con ciò che furono e fecero 10, 15 o 20 anni fà. Ma ritengo altresì, che si debba avere l'onestà intellettuale di comprendere che un musicista che ha calcato la scena per così tanti anni, scrivendo cotanti fiumi di note e versi, e suonando le stesse canzoni per chissà quanti concerti in giro per il mondo, senta inevitabilmente ad un certo punto della sua carriera il bisogno di cambiare. Chi non cambia (Iron Maiden, Slayer, Ac/Dc, Pearl Jam, ecc...) ha in sè qualcosa di disumano. Inevitabilmente stanca, stufa, bistratta la propria verve creativa, divenendo ripetitivo. Certo è encomiabile sotto il punto di vista della "lealtà verso i propri fans", e della "coerenza ad un genere", ma domandiamoci anche: "che artista è" ? Un pochino piatto nèvvero?

Perchè i Queen, Madonna, i Depeche Mode, i Metallica, David Bowie (indipendentemente dal fatto che piacciano o meno) sono entrati nella storia della musica? Perchè hanno saputo interpretare i "mood", i sentimenti, i bisogni acustici, le mode, la politica, ed il concetto di amore delle epoche che hanno attraversato. Passando dalla dance al rock, dall'elettronica al grunge, dal metal a pop. L'eccletticità artistica ed il trasformismo sono dunque un peccato mortale, oppure una virtù? Giunto al secondo lustro della mia terza decade, avulso ormai dal "concetto di fan da stadio" (con la t-shirt del gruppo metal preferito indossata anche in palestra al liceo per giocare a basket), propendo per la seconda ipotesi. E quindi, invecchiando ci si rincoglionisce oppure si matura? Si può migliorare peggiorando? Questi interrogativi credo valgano nel nostro piccolo per noi umani ascoltatori quanto per le grandi rock stars, che però forse in verità si chiederanno, sorseggiando un cocktail in una piscina di Hollywood tra lituane vogliose e pusher giunti su tappeti volanti: "Come posso cambiare senza apparire una puttana" ?

Molto difficile in verità. David Bowie fu il campione indiscusso del trasformismo, autodefinendosi una puttana appunto, e riuscendo a fare dei propri vizi la propria forza con un ironia senza eguali. Nel suo "piccolo", che poi tanto piccolo non è per un artista che dopo i Ministry ha sdoganato verso le platee mondiali un genere che se vogliamo è l'anatema del concetto di canzone, il buon Trent Reznor a mio parere ci è riuscito. Non vorrei dunque dover leggere i soliti barbosi commenti a questa mia rece stile: "i Nin sono morti con The Downward Spiral". Almeno sforzatevi prima di ascoltare questo cd, senza pregiudizi, come se un onda giungesse sulla vostra spiaggia uditiva ancora immacolata. E poi ditemi se non è vero che; "1.000.000" è un gran pezzo hard-rock con contaminazioni elettroniche (e se Josh Freese non è uno dei migliori batteristi in circolazione?); se "Letting you" non ha una parte di chitarra di Robin Finck (che dopo essersi fatto abbindolare da Axl Rose quale erede di Slash è tornato all'ovile con la coda tra le gambe) da urlo! Chiedetevi se non è geniale produrre il pezzo più commerciale dell'album, "Discipline", scimmiottando nel video i Village People, e scrivendo un testo autoironico circa la propria vecchia affezione verso la dance di un tempo; ditemi se quando al minuto 1:14 di "Echoplex" entrano batteria classica e basso sulla intro di solo chitarra-drum base e voce, non pensate sia uno dei pezzi elettro-rock più belli dai tempi di "Violator" dei DM?

Chiedetevi se "Head Down" non è un pezzo con il tiro dei primi album dei NIN? Lasciatevi trasportare dalla malinconia di "Lights in the sky", ritrovandovi persi nel sogno di un pianoforte che suona in riva ad un oceano urlante fredde onde in mezzo alla bufera, nella conferma del fatto che Reznor è un grande compositore, pianista e chitarrista ma non un grande cantante dal punto di vista puramente vocale. Eppure ha sviluppato una tecnica canora che risulta in ogni caso piacevole e apprezzabile. Vi ritroverete poi avviluppati dai 2 pezzi strumentali di disperata tristezza, "Corona radiata"e "The four of us are dying". Finirete l'ascolto del cd con "Demon seed", dove i suoni dell'ottimo tastierista italiano Alessandro Cortini (che però ultimamente mi ha un pò perso di vista causa impegno coi NIN il progetto solista "Modwheelmood") raggiungono l'eccellenza.

Due sole critiche: grande line up che non vedo l'ora di apprezzare live fatta eccezione per il nuovo bassista, Justin Meldal, che visto anche dal vivo sul video suonare a plettro mi sembra troppo anonimo e lineare e mi fa rimpiangere il buon Twiggy Ramirez. Infine, condivido la scelta di Reznor di non suonare in studio tutte le parti di chitarra, basso, pianoforte e tastiere come suo solito, ma la produzione dell'osannato Alan Moulder personalmente non mi convince sino in fondo. Se ascoltate i pezzi registrati in presa diretta sul DVD, risultano più piacevoli, molto più rock e più "veri". L'insieme dato anche dalla programmazione software di Atticus mi risulta leggermente fastidiosa e "plasticosa", nella ricerca di un unicum sonoro che a volte eccede nel "pastone", dove si fa fatica a distinguere la chitarra dagli effetti computerezzati. Dopo aver indagato l'ultima fatica dei Nine Inch Nails, mi accomiato da lor signori, per approfondire con la mia musa quel concetto di lituana a bordo piscina di Hollywood pocanzi espresso, che nella seconda parte di questa mia prolissa recensione di getto ha turbato abbastanza la mia mente, in una sana invidia costruttiva verso le rock star di ogni era.

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