Nino Russo - "Il giorno dell'Assunta" (1977)
Farsa lunare, apologia sul cinema o sulla controstoria d'Italia ? Questo film di Nino Russo per qualche strana congiunzione astrale ogni tanto gravita ancora nelle tv private, e non esiste in laserdisc, vhs, dvd, dvx, dvx :) , streaming e compagnia varia. Girato con pochi mezzi, da forzato del neorealismo..., 2 attori, tutto in esterni, trova nel paesaggio e in fotografia a dir poco scarna una sorta di nicchia ecologica che lo fa vagare in quelle tv non generaliste che tirano fuori queste piccole perle. E meno male che esistono queste piccole emittenti, non risucchiate dai network del nanaccio, dai film coi mega effetti, e le pubblicità ogni minuto: la trama...
I protagonisti, un regista di cinema e un professore, nel giorno dell'Assunta, cioè a Ferragosto, non tornano alle proprie magioni nella bassitalia, brutto termine eh?-e vagano per le strade deserte di Roma come in un perverso rituale, che dà l'idea si faccia ogni anno; vanno dal centro fino ad arrivare ad una fantascientifica periferia di palazzoni dormitorio, dall'apparenza aliena, lunare: uno dei due -Tino Schirinzi- pontifica continuamente sulla storia italica con citazioni dotte del Guicciardini, vagheggiando una Napoli capitale del sud, e l'America, N.Y.,come patria ideale, per le classi operai e contadine del sud: poi dopo aver esposto il suo sapere, tra discariche e rovine, tira fuori roboticamente dal suo zaino vecchi mangianastri per ascoltare canzonette-nenie degli anni 60, fino a creare la reazione stizzita del compagno di viaggio, impersonato da Leopoldo Trieste, che si mette a calpestargli le infernali macchinette.
I nastri magnetici costituiscono una sorta di valigia dei sogni, di una memoria collettiva ormai svuotata, divenuta alienante come il paesaggio urbano: è il preludio-siamo nel '77, a quel degrado socio-economico che caratterizzerà gli anni 80-90. La disgregrazione comincia proprio dalle automazioni musicali analogiche, testimonianze del mitizzato boom economico che ormai rivela il suo vero volto, dal mantra di Schirinzi sulla controstoria d'Italia e dallo sguardo lento, quasi ofidèo e preistorico,della cinepresa su una periferia romana futuristica, cementificata e alienante, quella dei Corviali e degli ecomostri, della bella gestione della cosa pubblica delle sciagurate giunte d'allora, senza piu tessuto sociale, senza piu radici, fatta di famiglie deportate, emarginate, di nuovi marziani, di droghe e drughi. L'apparizione nella scena finale del pazzariello e della banda paesana in quel di Villa Borghese è un miraggio, un richiamo nostalgico ancora più lontano, a un sud rurale che non c'è più; "non ci si può più fermare, oggi, bisognava pensarci 20, 30 anni prima" afferma allucinato Schirinzi.
Quanto è più onesto Russo in questa pellicoletta dolente rispetto ai documentarismi dei nanimoretti di "Caro diario", che finge una critica sociale nei quartieri bene a Casalpalocco, ma alla fine parla solo dei suoi sogni borghesi d'attico a Corso Francia, e fa dire alla comparsa prezzolata che Spinaceto è bella. Ma vacce tu, gli avrei fatto dire io!
C'era una volta il ferragosto nelle grandi città vuote, con negozi chiusi, musei chiusi, e ipocondriaci, poveri e senza ferie a farla da padroni, a reinventarsi la festività su terrazzi condominiali e baretti sperduti; le scuole, ancora lontane dalla foga calvinista della produttività, aprivano il primo ottobre...ritmi lenti, estati preistoriche, da sauri al sole, oggi estinti. Rimpianti? un pò sì; ma "non ci si può più fermare, oggi più che mai".
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