Di norma, e mio fratello ci pestavamo per decidere quale sarebbe stato il prossimo gioco del Game Boy da comprare o farci regalare. Insomma, eravamo pischelli, non c'era da scialare, bisognava ottimizzare la scelta. Ricordo bene che però ci trovammo entrambi subito d'accordo su questo Metroid II – Return Of Samus. Il perché non lo ricordo; il nome non mi diceva nulla, non sapevamo chi fosse questo Samus né da dove ritornasse. Sarà stata la copertina con quella specie di robottone minacciosissimo, o forse la tramina letta su qualche catalogo-bibbia che usavamo per pescare i giochi più cazzuti, comunque ce ne innamorammo subito. Arrivò a Natale '92 e fu una specie di rivelazione.

Toni di grigio, grafica che per i tempi mi sembrava pazzesca, una musica minimale e inquietante, mostri disgustosi da affrontare in solitudine mentre ci sia addentra nelle profondità di un pianeta sconosciuto; pochi ingredienti, ma miscelati alla grande. La trama era sputata su di un angolo del foglio di carta che traduceva sommariamente il libretto di istruzioni, totalmente in Inglese e quindi a noi incomprensibile (ormai l'ho perduto, maledizione...): questo Samus, cacciatore di taglie, dopo aver preso a calci i Pirati Spaziali, doveva arrivare sul pianeta SR-388 per fare piazza pulita dei malefici Metroid, usando il suo braccio-cannone e tutta una serie di (fighissimi...) upgrades che lo rendevano via via più massiccio. Era un tipo tosto, sparava in tutte le direzioni, saltava come i pazzi, si trasformava in sfera, lasciava bombe e razzi... Ma anche i Metroid erano tosti, mi facevano quasi paura: quando si capiva che uno di loro era in giro, e quando sapevi che era un classe Zeta o Omega, l'idea di doverlo fare a pezzi era tutt'altro che rassicurante. E poi era dura trovare la strada, in quel dedalo di corridoi; il gioco era abbastanza lineare, un unico, gigantesco livello, ma zeppo di vicoli ciechi, trappole, strutture enormi da scalare ed esplorare, pozzi profondissimi stracolmi di nemici. Oltretutto, per proseguire occorreva far defluire la lava che occupava i corridoi sotterranei, e l'unico modo per riuscirci era annientare tutti i Metroid presenti in quella sezione. Insomma, bisognava lasciare dietro di sé il deserto, e così il senso di claustrofobico isolamento saliva alle stelle. A volte era molto frustrante, anche perché io sono sempre stato un videogiocatore abbastanza scarso e con poca pazienza. Per cui capitava che mollassi lì tutto per settimane perché non riuscivo ad andare avanti; pensavo che non sarei mai riuscito a finirlo, mio fratello ci aveva già rinunciato. Riuscii a finire prima Super Mario Land 2, che a confronto mi sembrava una bazzecola (e in realtà lo era...).

Ma Samus era il mio eroe, l'atmosfera di quel pianeta era ammaliante, quindi prima o poi il gioco mi ricapitava in mano, finché non ci fu la tanto attesa svolta. Non scorderò mai l'ansia e l'eccitazione che accompagnarono l'ultima sezione di Metroid II, con la musica sempre più incalzante e inquietante, e l'attesa per l'incontro con il boss finale, la Regina. Combattimento arduo ma in realtà non così difficile (avevo avuto più difficoltà coi colossali Metroid Omega...), e finale inaspettato e liberatorio. Dopo un tempo di gioco che sembrava infinito, rieccoci al punto di partenza, l'astronave con cui Samus era arrivato sulla terra. Il cerchio si era chiuso, l'epica avventura terminata e l'eroe in corazza si apprestava a tornare a casa... con un compagno di viaggio inaspettato.Mi sembrava di aver portato a termine un'impresa assurda; scrissi una storia del gioco che furoreggiò sul giornalino scolastico e riempii i quaderni con disegnacci di Metroid a tutto spiano. Non pago, decisi di rifare il gioco da capo, perché il fascino in bianco e nero di SR-388 era qualcosa per me di mai visto, che mi attirava incredibilmente.

Alla terza volta arrivai alla fine in meno tempo del solito, ed ecco la sorpresa: dopo l'esaltante musichetta dei titoli di coda, l'eroe solitario spicca un salto e si presenta in bikini. Capii allora che Samus Aran è in realtà un squinzia, una delle prime eroine videoludiche, che a quanto pare ne ha passate peggio di Lara Croft. Una rivelazione inaspettata e coraggiosa, che nulla toglieva al fascino oscuro e disturbante del gioco, quella sensazione che difficilmente mi è capitato di riscontrare in altri titoli.

La ragazza ci sapeva fare e infatti, a quanto ne so, le sue avventure continuano ancora oggi; ora lei è una biondazza tutta curve che, chiusa nella sua Varia Suite, vaga per l'universo ad affrontare alieni vari, oltre che i cari vecchi Metroid. Purtroppo, non avendo mai posseduto altra console se non il Game Boy, l'ho rapidamente persa di vista.

Perché poi ho scoperto Doom e l'Inferno, Dune 2 e le guerre futuristiche su pianeti remoti, e poi ancora i Tre e l'Horadrim, Black Mesa... e il mio immaginario si è impregnato di altre suggestioni, altri sogni e altri incubi. Ma questo Metroid, col suo mondo oscuro e visionario, con la vivace fantasia tecnorganica delle sue creature, col magnetismo inspiegabile di un (una...) protagonista enigmatica, rappresenterà sempre uno dei pezzettini più gloriosi della mia infanzia.


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