Ammetto che quando Shiva mi ha proposto di recensire questo cd sono rimasto un po’ spiazzato: dovete sapere che io sono della scuola di pensiero di Franco P., che in tre anni mi ha inculcato che chiunque non faccia musica al livello di Pat Metheny o Steve Vai sia una merda, specie se questo chiunque risponde al nome di Nirvana…
Beh, in quest’anno di inattività didattica ho imparato che in realtà non è così, e che può arrivare buona musica da qualunque parte del mondo, Seattle compresa! Ciò non toglie però che abbia avuto difficoltà a giungere a questo traguardo: in questa settimana ho operato una “full immersion” nel mondo della band di KC, e spero di essere all’altezza delle aspettative.

Ho fatto tante di quelle considerazioni che sono certo che mi scorderò di riportarle tutte, ma ho deciso di basarmi sulle parole di Shiva per introdurre l’album e tutte le mie opinioni in proposito. Mi ha detto principalmente tre cose utili per le riflessioni:

1.“…passa sempre inosservato x colpa di "Nevermind", comunque sia trovo sia l'album migliore dei Nirvana…” : la prima affermazione è vera (io quando sento il nome “Nirvana” la prima cosa che penso è il neonato che nuota…), la seconda a mio parere lo è altrettanto: ho scaricato “Nevermind” proprio per farci un confronto e devo dire che, esclusi i singoli di successo, sia meno bello, si arriva con difficoltà alla fine. Ho supposto che la causa di questo fosse la campagna di promozione e commercializzazione fatta da Mtv che ha fatto sì che perdesse i valori e gli obiettivi che si erano posti Cobain e soci. Al contrario, “In utero” sembra quasi un segno di protesta della band contro i discografici: vende metà delle copie del precedente, adotta sonorità comunque diverse ma in questo modo mostra probabilmente il loro vero lato musicale e personale.
2. “…si sentono dolore, disperazione e voglia di essere felici (nonostante la merda che lo circonda) nelle urla di Kurt…” : sono d’accordo anche su questo, ci sono alcune canzoni che sono urla e rumore allo stato puro! La merda di cui si parla l’ho identificata con alcuni eventi personali di KC: intanto l’opposizione dei produttori alla sua musica (da uno speciale su All Music ho saputo che, se non ricordo male, i ragazzi vennero richiamati in sala d’incisione per “addolcire” i suoni altrimenti inascoltabili per il consumatore medio, al quale si voleva indirizzare il lavoro. Immaginate quanto potessero essere incazzati per questo!), poi i suoi problemi familiari tra la moglie che non lo amava (dai documenti sembra che lui la amasse tanto, ma pare volesse divorziare da lei…non so) e la figlia che adorava, come ogni padre può per una figlia (riassumendo: che fosse deluso dal taglio hollywoodiano delle vicende?), per ultimo la dipendenza da droghe, farmaci e tutte le schifezze che possono esistere… comunque non sono la persona adatta per parlare del lato umano di Kurt, non sono certo un esperto, quindi mi fermo qui. Dolore, disperazione e voglia di essere felice sono i temi principali dell’intero cd: potrei prendere decine e decine di esempi, ma mi limiterò ad alcuni: “…vai via, vai lontano, vai lontano…”, oppure “…violentami […], odiami, fallo e fallo ancora…”, oppure ancora “…non sono come loro […], penso di essere ottuso o forse solo felice…” o anche “…cosa c’è di sbagliato in me?...” o per ultimo “…mayday ogni giorno nel mio cuore…”. Non è tutto qui, è una selezione, e a rileggerla a dir la verità non fa trasparire quasi niente di quello che è in realtà: solo ascoltando l’album, solo sentendo le urla o l’ironica calma o la malinconia del canto si capisce il senso di questi versi. Ma vi assicuro che è emozionante.
3.“…non avranno avuto la tecnica dei Dream Theater o di altri grandi gruppi, ma personalmente penso che la tecnica conti poco se si è in grado di esprimere sentimenti come quelli, di cambiare il volto della musica e di coinvolgere un'intera generazione…”: nulla da controbattere, se non che io penso che il massimo sia esprimere quelle cose anche con tecnica (vedi, appunto, DT: sono accusati di freddezza – e in effetti al concerto cui ho assistito c’erano solo il batterista e il tastierista a “gasarsi”, gli altri fermi a suonare… - ma io li difendo invitandovi a indagare un po’ di più sulla loro discografia e a ascoltare canzoni come “Hollow years”, “The spirit carries on”, “Stream of consciousness”…). Per il resto ho da muovere una critica a Shiva: è vero che hanno emozionato, è vero che hanno dettato le caratteristiche del grunge (e non solo, secondo me…), ma quanti loro fan sfegatati, di quelli che affermano di seguirli da sempre, sono invece seguaci di una moda nata solo dopo la morte di KC? Ovviamente non parlo di te, ma di chi nel 1994 aveva una certa età…

Mi sono forse dilungato un po’… riassumo tutto ciò che ho da dire sull’album, integrandolo con quelle cose che mi sono scordato di scrivere: siamo di fronte alla migliore delle opere dei Nirvana, con sonorità molto più “noise” di “Nevermind” (chissà, magari volevano riconquistare un po’ di credibilità negli ambienti alternative…) e obiettivi molto meno commerciali di quelli, loro malgrado, dello stesso; siamo di fronte al miglior Kurt Cobain, più maturo melodicamente e psicologicamente, a disagio per l’essere diventato un’icona Mtv e ironico nei testi quando si tratta di denunciare questo o quel problema; soprattutto, siamo di fronte a un messaggio che non è quello che hanno “recepito” le ragazzine che vanno in giro con la maglietta del gruppo e che sembra stiano adulando un nuovo dio (sempre il discorso delle mode… quanto non sopporto gente del genere, che pensa abbia capito tutto della vita, che si comporta quasi fosse stato il quarto elemento della band e che poi il giorno dopo rinnega tutto e corre dietro a Jim Morrison o, nel peggiore dei casi, a Eminem!), ma qualcosa di molto più profondo, di intimo, che dubito si comprenderà mai del tutto. Ripeto, non voglio avere la presunzione di predicare cose su cui sono molto poco informato, ma dalla lettura dei testi ho tratto queste conclusioni.
E a proposito di canzoni, si può dire che ognuna abbia un loro ruolo specifico: in tutte o quasi ho rintracciato una vena autobiografica di Kurt, indiscusso leader della band (anzi, si può dire che i Nirvana siano vissuti in sua funzione: morto lui, morto tutto…), assurgendo (…) l’opera a un’introspezione magistrale, un capolavoro del grunge.
Anche musicalmente è la stessa cosa: distorsioni e urla per la rabbia più straziante, arpeggi o pennate acustiche per la cupezza o la rassegnazione, giri di basso in secondo piano ma comunque eleganti per abbellimenti melodici, batteria a tratti davvero coinvolgente. Tematicamente sono molto varie (il fulcro principale è sì la vita di Cobain, ma essa ha mille sfaccettature!): si va dai rapporti con la moglie Courtney a quelli con i genitori (“…I just want you to know that / I don’t hate you anymore…” , tanto per mettere in chiaro il clima), dalla critica verso la società con i suoi modelli di vita (“Very ape”) a quella verso la casa discografica (“Pennyroyal tea”), dal suo problema con le droghe a quello con la sua nuova, indesiderata immagine. E altro. Ma basta così.

Si può, a dire il vero, fare un ultimo appunto: si vede la loro limitatezza compositiva, è vero che il grunge è poco impegnativo di suo e che comunque ciò non impedisce il godimento dell’ascolto, ma tra le canzoni si scorgono molti segnali (“Rape me” che è un plagio a “Smell like teen spirit”, “Pennyroyal tea” che sembra davvero fatta con i piedi, “Gallons of rubbing alcohol flow through the strip” – per l’ascolto della quale si deve anche attendere 20 minuti essendo la ghost track – che si dilunga inutilmente e infruttuosamente) che fanno capire che la morte fisica di KC ha probabilmente preceduto di poco quella artistica. Non vorrei sbagliarmi.
Non ho altro da aggiungere (sicuramente una volta pubblicato mi ritornerà alla mente qualcosa ma non fa niente…), ringrazio Shiva per avermi dato l’opportunità di studiare un album che conoscevo poco e prometto che parlerò un po’ meno male dei Nirvana di quanto facessi prima… non diventerò un loro fan, questo è certo, ma è sempre bello ampliare la propria cultura musicale!
Lo consiglio a chi ha voglia di saperne di più su Kurt Cobain (come già detto, infatti, oltre a essere un cd è anche un libro autobiografico), a quelli che si dicono estimatori della band pur non possedendolo (così magari i Nirvana vi piaceranno non solo per moda…) e, semplicemente, a chi è venuto il desiderio di ascoltarlo.

La canzone più bella senza alcun dubbio è “Tourette’s”: è il nome di una malattia nota, appunto, come “sindrome di Tourette”, caratterizzata dall’incapacità improvvisa di controllare parole e movimenti… ed è quello che Kurt fa qui, urlare, sbraitare parole che neanche si capiscono (su Internet si trovano, addirittura, due diversi testi, a seconda delle interpretazioni, perché nessuno ha la pallida idea di cosa stia dicendo!) con sotto strumenti impazziti e ritornello che potrebbe essere degno di una canzone metal…
La canzone meno bella è “Pennyroyal tea”, perché è una specie di rock che da loro non ci si aspetta in quanto, semplicemente, non lo sanno fare. Lamentela inespressiva, mancanza di coinvolgimento, banalità… bocciata.

Ps.: è la prima volta che scrivo per debaser, mi diverto a fare recensioni per un sito costruito e frequentato dal mio gruppo di amici.questa recensione l'ho scritta tempo fa e non l'avevo fatta per mandarla qui, quindi le persone di cui parlo (shiva,franco p.) sono persone che conosco e che sono contestualizzate rispetto al mio "pubblico"...

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