Fu questo album a presentarmi i Nirvana e soprattutto a farmi innamorare del cosiddetto “grunge”. Non conoscevo Cobain, non conoscevo i Nirvana, neanche avevo sentito parlare del movimento musicale di Seattle. L’ascolto di questo album significò per me la scoperta di un nuovo mondo, che all’epoca mi prese e mi appassionò e oggi mi accompagna quotidianamente. Brividi. Magici brividi. Le emozioni che fa provare Cobain con la sua voce in versione “live” sono indescrivibili. Non finirò mai di rimpiangere il non averlo potuto sentire dal vivo…
L’atmosfera che sa creare questo album è grandiosa. Commuove, dona pace, a tratti sembra quasi di averli davanti Kurt Cobain, Dave Grohl e Krist Novoselic, mentre tracciano nota su nota la strada verso il Nirvana… Momenti di grande trasporto, forti emozioni, ancora brividi. E mentre ne parlo, non posso fare a meno di ascoltare. “I think I’m dumb”… tutta l’alienazione di Kurt, e ancora più, del grunge dei Nirvana, sta in questa frase. Tutti i pezzi sono al posto giusto. Tutta l’esibizione segue un solo filo conduttore, i pezzi formano un tutt’uno, un’entità unica appena intervallata dagli applausi del pubblico e da qualche battuta dei musicisti. Alti e bassi si alternano con onirica armonia, la voce del singer disegna grandiosi archi, ci si lascia cullare dolcemente da pezzi come “Plateau”, “Oh Me”, tributi con “Lake Of Fire” ai texani Meat Puppets, anch’essi presenti al Sony Studio di New York.
Non è un caso che manchi “Smells Like Teen Spirit”, il pezzo più commerciale del gruppo, croce e delizia per Cobain. Quello che il gruppo propone, oltre ai già citati Meat Puppets, è il meglio, dal punto di vista della carica emotiva, della sua produzione. Cobain dà prova di saper padroneggiare magistralmente quell’imprevedibile strumento che è (era, ahimè) la sua voce, il resto della band accompagna con ottimo affiatamento il suo leader. Da struggenti urla rauche, che quasi graffiano in “Where Did You Sleep Last Night”, tributo folk a Leadbelly, giù fino a sussurri malinconici, come in “Something In The Way”, pezzo autobiografico di un Cobain sbattuto fuori di casa: c’è tutto in questa esibizione. Non mancano neanche le originali rivisitazioni di artisti tutt’altro che grunge: “The Man Who Sold The World”, di David Bowie, e “Jesus Doesn’t Want Me For A Sumbeam”, pezzo religioso dei Vasellines. C’è davvero tutto. Atmosfera, suggestione, emozioni e ancora brividi. Quasi un preludio a quello che sarebbe accaduto pochi mesi più tardi.
Un classico, una pietra miliare nella storia della musica. Si potrebbe dire il testamento artistico di un artista controverso e proprio per questo mitico, il testamento di una band che ha dato nuova ispirazione al rock tutto.
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