Rieccoci, parliamo di nuovo di giovani talentuosi che ancora non hanno avuto il rilievo che meritano. Stavolta vi porto in Sicilia, terra caliente e non solo metereologicamnte (o vulcanologicamente) parlando, ma anche musicalmente. In particolare la scena metal siciliana è davvero notevole di menzione, specie nella zona del catanese o giù di li.
No Fear, Siracusa, classica storia: quattro giovani ragazzi, prendono in mano gli strumenti, pubblicano un demo e successivamente un album autoprodotto. Hanno un discreto seguito di fan che li osanna e vanno in giro a suonare un po' dovunque, in attesa che il destino possa una svolta alla loro storia. Questo "Our Saying" datato ormai 2000 è un ottima prova per questi ragazzi che all'epoca avevano un età media di circa 22/23 anni. Stiamo parlando di heavy metal tranquillo, brava gente e brava musica, canzoni pervase di ottime melodie, buoni testi e discrete parti strumentali. A dirla tutta questo disco non dovrebbe essere considerato propriamente heavy, ma mi riesce difficile collocarlo in una dimensione precisa tra l'hard rock il power e il classico metal figlio della NWOBHM. Il filone comunque, lo avrete capito, rimane quello. "Born From Fire" con l'intermezzo di chitarra classica, "Virtual Life" con un solo lunghissimo in stile Van Halene la title track "Our Saying" dal riff veramente sfizioso condito dagli armoni artificiali, rappresentano tutta l'essenza No Fear. Grandi doti del vocalist Dario, in grado di slanci veramente notevoli (stile melodic/power) e geniali riffs prodotti dalla chitarra di Peppe, pienamente supportati dalla sezione ritmica. Discreta la produzione e l'art work.
Insomma un ottimo album che al di là della mia promozione a pieni voti presenta però alcune pecche. In primis, per il genere proposto le canzoni andrebbero un attimino slegate e lasciate libere di sfogarsi in modo un pò più progressive che non sfigurerebbero (date le doti tecniche dei componenti) e bisognerebbe dare un tocco di underground alla musica un po' più deciso. Le canzoni durano in media 3, 5/4 minuti e sono tutte rigorosamente melodicissime. Troppo immediate. Secondo, rafforzerei il peso di basso e batteria, che si, svolgono il loro dovere, ma andrebbero resi un tantino più incisivie graffianti. Terzo, (e forse quello più evidente al di là dei due punti di cui sopra che potrebbero rientrare benissimo nel solito de-gustibus) la copertina dell'album rispecchia un'idea già sfruttata, e troppo palese per non accorgersene. La partita a scacchi con la morte, che richiama subito alla mente un numero del celebre fumetto Dylan Dog. Troppo banale, fa perdere molto ad un album complessivamente brillante. In definitiva promossi, ottima prova ed ottimo disco, fatevi valere.
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