Nel 1989 il produttore Ric Browde, che ormai credeva di essere arrivato alle soglie dell'amministrazione celeste dopo aver lavorato alla grande con Poison e Faster Pussycat, fa una cazzata micidiale nella quale coinvolge la Columbia. Ritenendosi ormai un talent scout d'eccezione, becca in giro per Londra quattro ragazze che non sanno suonare e non sanno cantare e le porta in sala di registrazione. Cosa ne viene fuori? "Good Girls Don't Last", album dal titolo profetico perché queste infatuate pretendenti al trono delle Vixen sono durate solo questo disco.

Forse non sono state neanche messe in condizione di lavorare come si deve, perché credo che il buon Ric abbia passato la giornata di registrazione a fare altro, fatto sta che il glam non doveva conoscere questo episodio.

Non c'è niente che non si sia già sentito, non c'è niente che ti faccia venire voglia di arrivare alla fine, non c'è niente di niente che ti faccia cotonare i capelli in testa da soli. Questo agglomerato di note farraginose fatica a mettersi in piedi. E quando gli vuoi concedere l'occasione non puoi che ascrivergli movenze pachidermiche.

La lista dei pregi di questo album segna un clamoroso "non pervenuti". I difetti, invece, si sono proprio dovuti mettere in lista per entrarci tutti. Un penoso e sguaiato scimmiottamento delle Vixen appena uscite con l'omonimo, non rende onore a nessuno dei nomi sul booklet del cd.

10 pezzi di perfetto anonimato conditi da uno starnazzare indecoroso di una singer che, non avendo voce, fa passare quanta più aria può dal naso. Gli strumenti sono chitarra, basso e batteria, tutti suonati in maniera elementare da abbecedario del rock. Una patina di insulso incarta questo sgradito servizio targato No Shame e Browde che poteva risparmiarsi la sua non-produzione e risparmiarmi le 3.000 lire che ho impegnato fidandomi della copertina in una bancarella bolognese.

Per me questo disco vale un fiorino.

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